Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
VOTO 10/10 Un film da camera con tre figure femminili disposte intorno a una quarta agonizzante. Film sulla morte e sulla difficoltà dei rapporti fra gli esseri umani, riassume molte fra le costanti tematiche e stilistiche di Bergman portandole a un livello di incandescenza espressiva e di intensità lancinante. Una sinfonia in rosso maggiore dolorosa ma aperta alla speranza, in cui la bellezza formale (straordinaria fotografia di Nykvist) si sposa a una costruzione drammaturgica perfetta. Le attrici sono tutte magistrali, ma una lode particolare va alla recitazione della Andersson nel ruolo della morente Agnese, veramente straziante; notevoli anche i contributi di Ingrid Thulin come Karin, ruolo che si ricollega a quello interpretato dalla stessa attrice ne Il silenzio, e di Liv Ullmann come Maria, la sorella più frivola e sensuale (c'è perfino un bacio in bocca nella scena della riconciliazione delle due sorelle, da non interpretare però in maniera volgarmente sessuale). Il racconto è scandito da quattro flashback incorniciati da dissolvenze rosse: nell'ultimo flashback vi è una resurrezione della morta, come in Ordet di Dreyer, e Bergman si serve di un'atmosfera onirica e allucinata per penetrare ancor più a fondo nelle viscere dell'anima dei suoi personaggi (qualcuno azzardò perfino un paragone con "L'esorcista",uscito più o meno nello stesso periodo). La portata simbolica del colore rosso scuro, di cui Bergman si è servito a livello scenografico negli interni della villa di famiglia per rappresentare quello che lui vede come "l'interno dell'anima", è certamente affascinante e per nulla scontata. Sapiente utilizzo della musica classica di Bach e rigoroso controllo di ogni dettaglio della realizzazione, come nelle opere dei veri artisti. Nel complesso, una delle sue opere più compiute e memorabili e uno dei vertici del cinema europeo degli anni Settanta.
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