Regia di Giuseppe Bonito vedi scheda film
La storia di Nicola e Sara è una vicenda di vita in famiglia che potrebbe riscontrarsi in qualsiasi contesto privato di chi ci vive attorno.
Il gruppo familiare che pare coeso e perfetto dopo aver raggiunto l'armonia di un ritmo che finisce per risultare quello perfetto per tutti i membri, finisce per sgretolarsi con l'arrivo del quarto elemento, ovvero del secondo, inaspettato e non proprio anelato secondogenito.
Tutto inizia nel migliore dei modi, ma dopo i primi due mesi di gestione organizzata e tutto sommato tranquilla, la situazione di colpo precipita a causa di un atteggiamento decisamente più battagliero ed intransigente assunto dal neonato, che inizia a sfoderare un inedito e orgoglioso carattere battagliero.
Conscio istintivamente di riuscire a farsi notare solo attraverso l'unico lamento che la sua attuale struttura corporale gli consente di produrre, il piccolo inizia a farsi sentire diffondendo tutto attorno il suo solenne, martellante, incisivo pianto dirompente ed accanito, che la regia ha la buona e simpatica, insolita idea di sintetizzare e tradurre attraverso una sostenuta, quasi ossessiva sintonia di Beethoven, non meno ossessiva del classico strillo angosciante tipico degli infanti.
Ecco allora che l'armonia familiare, tutto d'un tratto, si affloscia come un dolce di bell'aspetto sottoposto allo stress di una gravità insostenibile. Iniziano le ripicche, la stanchezza da stress produce ed alimenta incomprensioni, le difficoltà a rapportarsi si moltiplicano e la tentazione di farla finita e gettarsi dal balcone al primo sintomo di difficoltà, diviene un tragicomico refrain di ordinaria quotidianità.
Dalla penna sensibile ed arguta del compianto sceneggiatore Mattia Torre, la cui triste prematura scomparsa ha proteso la produzione ad attribuirne la paternità dell'opera, che invece vede impegnato in regia Giuseppe Bonito, Figli racconta una storia di tutti i giorni che ogni padre ed ogni madre facilmente hanno affrontato con qualcuno della propria prole.
Il film sa cogliere il disagio di una quotidianità resa allarmante dall'urgenza di quel grido straziante impellente, ma poi si accomoda un po' troppo facilmente sugli aspetti di contorno, rappresentati , come è consuetudine un po' facile, e come abbiamo già visto in sin troppe occasioni - cinematografiche o televisive - incentrate sugli eccentrici, se non proprio stravaganti componenti esterni ma diretti della famiglia, o sui pittoreschi collaboratori che intervengono maldestramente per cercare di alleviare i risultati di quell'improvvisato campo di battaglia in cui si è trasformato il nido coniugale.
Quanto ai due bravi protagonisti, ottimi qualora analizzati separatamente ed altrove, appaiono invece molto meno coesi ed affiatati nell'interagire uno con l'altro nel ruolo dei genitori: così, un po' asettico e forzato, mi è sembrato l'approccio a cui l'accoppiata Valerio Mastrandrea (peraltro molto bravo ed in parte qui) e Paola Cortellesi dà vita in Figli.
Impegnati in un ruolo che probabilmente loro stessi hanno dovuto affrontare, come quasi tutti, nella propria esperienza privata, dunque scontato sulla carta, ma molto meno quando si tratta di tradurne ed evocarne gli effetti, la coppia si ritrova in bilico tra l'esigenza di esprimere la drammaticità di fondo della nuova situazione d'urgenza creatasi in famiglia, e una certa comicità di fondo che entrambi i bravi attori riescono a tradurre quasi senza doversi esprimere, ma semplicemente apparendo sullo schermo.
E dunque Figli rimane un po' sospeso tra le due esigenze e necessità, finendo per trasformarsi in qualcosa di ibrido che non riesce a risultare così scattante e brioso per divertire parlando di problematiche vere e concrete, né troppo drammatico o toccante da riuscire a scuoterci da un imbarazzante torpore da commedia generalista in cui la storia finisce per latitare.
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