Regia di Kitty Green vedi scheda film
Ogni mattina la stessa storia: sveglia all'alba, preparazione veloce ma meticolosa per risultare professionalmente impeccabile, e poi giù in strada dove una autovettura aziendale scura l'aspetta per portarla nell'ufficio che vedrà riaprirsi ad una nuova giornata grazie al suo intervento: predisporre i materiali per la riunione; preparare le macchine per il caffè; organizzare le scrivanie prima che il popolo maschile, ovvero quello di chi conta, possa accedere ognuno al proprio ufficio o postazione lavorativa.
E poi organizzare trasferte di lavoro con le connesse prenotazioni di alberghi e ristoranti, accompagnare le aspiranti attrici, spesso bellissime e in grado, se solo volessero, di rubarle il posto grazie ad una avvenenza che, per quanto irraggiungibile, lei nemmeno oserebbe ostentare a fini di facilitarsi una giornata tutta in salita, oltre che in silenzio e a testa bassa.
La giornata lavorativa della giovane diafana e riservata Jane trascorre mediamente in questo modo, esposta a trovare soluzioni che tutti danno per scontato ma che la giovane spesso riesce a garantire dopo vicissitudini complicate e laboriose, ad affrontare le quali ella spende tensioni ed energie che nessuno minimamente è in grado di percepire, né di prendere in considerazione.
Senza contare che i suoi due colleghi di ufficio, di fatto parigrado, la relegano, in quanto giovane assunta rispetto a loro, a far fronte a tutte quelle attività che si rivelano spiacevoli o che potrebbero metterli in cattiva luce dinanzi ai capi.
Si fa presto a fare buio, quando la stessa macchina la riprende dove l'ha lasciata quella stessa mattina, per riportarla in quella sua dimora che, alla fine, rimane poco più che un dormitorio ove trascorrere il minimo necessario per riprendersi e ricominciare.
La quotidianità di una giovane donna laboriosa e dimessa si consuma tra routine, stress, e soprattutto un reiterato atteggiamento di superiorità dei suoi colleghi, rispetto a lei tutti capi, tutti prepotenti o anche solo completamente indifferenti a ciò che pensa, prova, percepisce da un ambiente opportunista e freddo come è quello dello studio per il quale collabora senza alcun riconoscimento che non sia il minimo dovuto sindacalmente.
Il film della documentarista australiana Kitty Green descrive con uno sferzante realismo una sorta di reiterato abuso di potere che si esercita anche solo semplicemente con il disinteresse e la freddezza con cui chi si trova in una condizione di superiorità, si rapporta verso i suoi sottoposti. E la nostra Jane è un po' la base invisibile che tutto affronta e tutto deve far funzionare, ma senza che mai le possa venir concessa una gratificazione che nasca come un semplice gesto spontaneo e non calcolato.
Un film "polare" per la freddezza che traspare da un mondo asettico e attraversato da squali maliziosi e dai denti aguzzi, individui senza ricettività emotiva alcuna che non riguardi la propria sfera privata e la propria spudorata convenienza.
In questo torvo contesto, ben si interfaccia la brava protagonista Julia Garner, bellezza dimessa consona al ruolo di fata invisibile, indispensabile quanto invisibile ai più.
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