Regia di Todd Solondz vedi scheda film
La felicità del titolo è soltanto infelicità mascherata, oppure il titolo di una canzonettaccia, oppure l'esibizione dell'infelicità. Ben che vada, significa accontentarsi di quello che si può raggiungere. Ma i segnali disseminati da Solondz per tutto il film vanno nella direzione esattamente opposta a quella indicata dal titolo. Trish, una delle tre sorelle protagoniste del film, infatti, continua ad affermare di essere una donna davvero realizzata, quando è sposata con un pericoloso pedofilo in servizio permanente effettivo ed ha un figlio di undici anni ossessionato dal raggiungimento dell'orgasmo. Solondz fornisce un ritratto agghiacciante della borghesia americana, abbastanza in linea, mi pare con certo cinema europeo (si potrebbe fare un confronto con il film austriaco Canicola). Qualche personaggio è meno calibrato degli altri - l'obesa Kristina, per esempio - ma l'insieme funziona, anche se il tono da commedia, che sembra preannunciato da una fotografia iperrealisticamente coloratissima, cede spesso e volentieri il passo alla tragedia, che tocca il culmine nella confessione del Dottor Maplewood al figlio, ma anche nel suicidio di Andy, il telefonista insignificante, che sul posto di lavoro nessuno ricorda. Mi sarebbe piaciuto che avesse avuto più spazio - anche per la bravura dell'attore - il personaggio affidato a Ben Gazzara.
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