Regia di Satyajit Ray vedi scheda film
FESTA DEL CINEMA DI ROMA 15 - RETROSPETTIVA SATYAJIT RAY
L'anziano erede di una famiglia nobiliare ormai decaduta, relegato a vivere in solitudine dopo la scomparsa di moglie e figlio in occasione di una disgrazia occorsa qualche decennio prima, ricorda con nostalgia la sua passione sfrenata per la musica, a cui ha voluto dedicare molto del suo tempo libero, spendendo anche oltre le sue possibilità per dedicare una stanza della sua agiata casa nobiliare, alla celebrazione ed esaltazione della musica tradizionale locale, facendo intervenire i più noti ed apprezzati cantanti, affinando la loro tecnica di canto, e coltivando questa sua passione come un mecenate completamente rapito da questa sua passione. La morte di moglie e figlio poi, non hanno fatto che allontanare l'uomo dalla praticità della vita di tutti i giorni, portandolo a trascurare la propria attività di proprietario terriero, ed avviandolo verso un inesorabile decadimento, materiale come psicologico.
Dal terrazzo protetto da sguardi indiscreti ove l'anziano è solito trascorrere in solitudine le lunghe giornate nell'inedia che precede la fine, il ricco signore viene distolto da una musica invadente che il vicino non si preoccupa di far fuoriuscire dalla sua abitazione, per preannunciare una festa alla quale viene invitato pure il nostro uomo.
L'anziano non solo non vi prenderà parte, ma verrà stimolato a utilizzare gli ultimi risparmi per riaprire la sua meravigliosa sala di musica, ove radunare celebrità della musica e del canto popolare, per un ultimo concerto in cui possa dimostrare la purezza della sua amata musica, a discapito della volgarità di quella utilizzata dal suo stolto vicino.
Un film magnifico, potente e struggente in cui Satyajit Ray riflette sulla vecchiaia, sulla disillusione che la vita spesso arreca ai propri sogni di gloria e di prosperità apparentemente a portata di mano, ma anche sulla decadenza di casta, che per certi versi fa comunemente accostare il magnifico film ad un altro caposaldo tematico della lenta, inesorabile disfatta, come fu Il Gattopardo di Visconti.
Qui l'arte, più che l'orgoglio del singolo, la passione e l'attaccamento per una disciplina in grado di elevare il cuore e lo stato psico-fiisico del tormentato protagonista verso lidi di pace interiore altrimenti impensabili da raggiungere, lo conduce anche alla soglia di una fine ormai vicina alle soglie della perfezione e della più completa armonia interiore. Questa circostanza finisce per dare un senso ultimo ad una esistenza travagliata da disgrazie altrimenti senza possibilità di via d'uscita, e la capacità di Ray di sublimare questo benessere tutto privato ma reso evidente dalla superiorità di un'arte elevata alla sua massima espressione, diviene tangibile nello spettatore, incantato da questo miracolo di pura rappresentazione che eleva ed ispira ai più genuini sentimenti.
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