Regia di Francesco Rosi vedi scheda film
E' un film sullo stampo di "Salvatore Giuliano". Si può dire riuscito, solo che secondo me Rosi non ha più la mano ferma e precisa di allora. Il film ha, credo, alcuni momenti un po' stiracchiati o diluiti. Per il resto la vicenda scorre bene, divisa tra passato e presente, tra lo stesso Luciano e i suoi "collaboratori". Forse il punto di forza del film è l'interpretazione di Volontè, che dà vita a un criminale viscido e ipocrita, che non dice mai la verità e vuole sembrare una brava persona, forse anche a se stesso. L'attore evita anche il narcisismo e la gigioneria.
Dopo tutto, i capi delle organizzazioni criminali assomigliano non poco ai grandi dittatori: vogliono farsi vedere buoni, baciano i bambini, fanno beneficienza con la tromba, amano stare tra gli amici, dare banchetti, proprio come si vede in questo film; ma appena qualcuno gli pesta i piedi lo fanno fuori immediatamente. Impressionante la scena dove si vede una madre che piange sulla tomba di famiglia, nella quale ci sono solo morti ammazzati.
Per il resto il film getta un po' di luce sulla commistione tra politica e criminalità, sia negli Stati Uniti che in Italia. Difficilmente, infatti, i grandi malfattori potrebbero restare attivi a piede libero, se tutti i politici veramente volessero incastrarli. E il Luciano di questo film riesce ad essere odioso proprio per l'omertà e gli appoggi altolocati di cui gode, e che ostenta. Finché almeno non suona anche per lui l'ultima ineluttabile ora.
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