Regia di Pietro Castellitto vedi scheda film
L'ultima cena
Sarà che avendolo intravisto da poco sotto le spoglie di Totti, sorbirmi tutta questa sua prima opera trasudante messaggi e giochini di macchina, mi ha fatto pensare che l’ottavo re di Roma forse avrebbe potuto far meglio. E’ difficile non pensarlo solamente autoreferenziale ‘sto filmetto, con le caratterizzazioni strappate alle feste di famiglia, gli eccessi che tracimano dai libri e dai film dei suoi, la romanità borgatara dai richiami neonzazisti ma con un cuore che, sotto la croce uncinata, comunque pulsa, mentre la borghesia, alta o altissima, sicuramente è anche peggio. Una costruzione arzigogolata che vuole mettere in mostra virtuosismi ed esercizi di stile. Belli ad esempio i cambi immagine ad inizio film col rombo di motore di una macchina che sopraggiunge ma non entra mai in quadro. E così è il film di Castellitto junior. Vaghi accenni di pellicola che non diventano mai cinema, non fanno mai scena intera, compiuta, ma solo altalena tra il grottesco e un qualsiasi ferie d’agosto. Una marea di richiami che s’accavallano, sprazzi e tentativi in un finale che più telefonato non si può, una guerra lampo che, come il baffo grouchano sfoggiato da Pietro a fine ripresa, fa sperare che dai Fratelli Marx, si prenda migliore esempio, perché la faccetta buffa, in fondo, il ragazzo ce l’ha. E credo che gli si aprano un sacco di porte, mo’ che ce tira anche, in porta..
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