Regia di Pietro Castellitto vedi scheda film
La famiglia Vismara, di Ostia, è composta da personaggi "terra-terra". Vivono dei proventi di un'armeria, di un poligono di tiro, e di attività illecite gestite da uno zio pregiudicato. I maschi della famiglia hanno il culto delle armi e della simbologia fascista; le donne vivono nella loro ombra, poche prospettive e qualche rimpianto. Confusa a causa di una truffa, messa a segno da un venditore di orologi, un'anziana della famiglia è investita. Il primo soccorso è offerto da Pierpaolo, un medico appartenente alla famiglia Pavone, composta da personaggi che sono lo specchio radical-chic dei Vismara. Le storie delle due famiglie vengono a contatto grazie a questo evento e s'intrecciano per gli atti del giovane Federico Pavone, il quale si rivolge a Claudio Vismara per avere un ordigno da utilizzare a scopo di vendetta. A fine visione, ho immaginato che i "predatori" cui si riferisce il regista - nonchè interprete di Federico Pavone - il giovane Pietro Castellitto, siano i personaggi, nessuno escluso, rappresentati nel racconto. Sono amorali, melliflui, inconcludenti; non valgono l'aria che respirano. Tra essi, spiccano Federico - prototipo di un giovane privo di senso pratico, che reagisce con la follìa a causa dell'esclusione dal mondo delle teorie e degli ideali nel quale si era rifugiato, incapace di assumersi la responsabilità dei suoi gesti - Claudio Vismara (Giorgio Montanini) - altro uomo che, "schiacciato" tra la propria coscienza ed il pericolo costituito da un parente criminale che lo minaccia, trova la via di fuga facendo compiere al figlio dodicenne un atto che lo segnerà per l'intera vita. Infine, Ludovica (Manuela Mandracchia), moglie di Pierpaolo, una regista ingrigita ed arida interessata esclusivamente a portare a termine il suo film, destreggiandosi tra tagli del produttore e scontri con le persone presenti sul set. Ambienti e dialoghi - basati su argomenti inconsistenti, ricchi di volgarità - danno una connotazione grottesca al film, che a me ha ricordato le "Favolacce". Nella visione dei fratelli D'Innocenzo, l'alienazione e mancanza di prospettive conducono alle più assurde tragedie. "I Predatori", diversamente, si conclude così come inizia. Alcune vicende hanno un epilogo, altre prendono avvio, a simbolo di una ciclicità della sorte, dalla quale i membri delle due famiglie non possono e non vogliono sottrarsi. Pietro Castellitto racconta una storia che non ha nulla d'innovativo circa i contenuti, ma lo fa con uno stile originale, dando vita a personaggi tanto squallidi, da far quasi provare gusto allo spettatore nel vederli "sballottati" dai casi della vita. Giusto dare una possibilità al film, se interessa l'argomento !
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