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Non odiare

Regia di Mauro Mancini vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Non odiare

di obyone
6 stelle

 

Alessandro Gassman

Non odiare (2020): Alessandro Gassman

Alessandro Gassman

Non odiare (2020): Alessandro Gassman

 

"Mi spiace non ce l'ho fatta" ammetteva il chirurgo all'agente che lo interrogava sulla fuga del pirata della strada. Simone Segre aveva lasciato la canoa nel canale e si era precipitato nel luogo dello scontro dove aveva trovato un uomo al volante trafitto alla coscia da uno strumento di lavoro. L'uomo non era sopravvissuto nonostante il tempestivo arrivo dell'ambulanza.

Quell'ammissione rassegnata non era frutto dell'impotenza del medico che aveva perso il proprio paziente in condizioni di criticità. All'equivoco aveva creduto il poliziotto non avendo altri elementi di indagine sul suo taccuino. Perché dubitare di fronte ad un rispettabile chirurgo che aveva fatto del giuramento di Ippocrate la propria missione di vita? Quella constatazione di impotenza nascondeva, invece, un enorme problema di coscienza che il poliziotto non poteva certo percepire. Simone Segre aveva slacciato l'improvvisato laccio emostatico dalla gamba dell'uomo alla vista di una svastica nel petto e delle "Siegrune" tatuate sul braccio. 

Il dottor Segre, ebreo, figlio di medico scampato ai campi di sterminio nazisti, si era bloccato davanti ai simboli che avevano causato tanta sofferenza al suo popolo. In pochi secondi gli anni passati ad esercitare l'autocontrollo alla vista di un torace aperto erano stati vanificati da un'azione inconsueta e predeterminata.

 

"Non odiare" è un film sul rimorso e sul significato della parola giustizia. E ci ricorda che ad ogni azione corrispondono conseguenze di gravità più che proporzionale. 

 

Il protagonista, nonostante il compiaciuto autocontrollo, rimaneva scosso "dall'incidente" ed iniziava a pedinare i figli della vittima. Il caso era pietoso. Tre figli, nessuna assistenza familiare ed economica. Il medico, perciò, cercava e trovava il modo per acquietare la propria coscienza contattando la più grande dei tre offrendole lavoro come domestica.

 

Condividere il gesto di Segre richiede uno sforzo che non mi sento di fare. Quanto può valere la morte di un imbianchino della destra nazifascista sul tavolo di una partita che conta milioni di corpi annientati dal gas? La risposta è ovvia. Non conterebbe nemmeno se il gesto avesse una copertura mediatica, una rivendicazione politica che lo facesse risaltare agli occhi dei più distratti. La morte dell'uomo non ha alcun significato ed è immorale se si crede che sia sbagliato arrecare danno ad una vita umana per quanto incarni una serie di valori estremamente sbagliati. Perciò se il piatto della bilancia si alleggerisce del peso di un poco di buono si appesantisce posandovi sopra un camice bianco che ha scelto di disonorare la propria professione.

 

Il senso di colpa di Segre, per quanto ben celato, non tardava ad apparire ma non era il sentimento del medico l'unica conseguenza delle sue scellerate azioni. La morte aveva lasciato tre orfani a fare i conti con la miseria, l'odio ed la scarsa compassione di coloro che condividevano la causa a parole ma non a fatti.

Il personaggio interpretato da Alessandro Gassman, che si ergeva ad accusatore e giustiziere, non discostandosi troppo dagli stessi aguzzini che avevano costretto suo padre a scendere a patti col diavolo, pur di sopravvivere alla sciagura dei campi, iniziava a capire le scelte del genitore che era diventato il dentista degli ufficiali tedeschi.

Simone Segre aveva tolto il saluto al padre molto tempo prima che morisse perché si era venduto ai nazisti. Adesso però non aveva più il diritto di guardare suo padre dall'alto. Anzi, la discesa negli inferi gli aveva forse permesso di comprendere i disturbi psicologici accumulati come tanti bottoni trovati nella vasca da bagno. Ora, che anche lui aveva fatto le scelte sbagliate, era pronto a perdonare e capire.

 

Il film di Mancini ha il merito di non svelare i motivi dell'avvicinamento tra Simone e la giovane Marica Minervini. In questo modo il regista e sceneggiatore evita di impantanarsi in rivelazioni che porterebbero verso una deriva eccessivamente melodrammatica e inutilmente retorica. E fortuna vuole che vengano abbandonate le tentazioni di un'improbabile love story tra un ebreo ed una giovane donna di trent'anni più giovane su cui Mancini mantiene il più stretto riserbo circa l'orientamento politico rendendo la co-protagonista più intrigante e complessa. Brava Sara Serraiocco che restituisce un personaggio sofferto, fumoso, mai troppo negativo ma neanche totalmente positivo mentre risulta più schematico il personaggio a tinta unita del fratello Marcello (Luka Zunic) su cui la sceneggiatura sembra soffermarsi una sola volta a restituire quell'aspetto fanciullesco del ragazzino cresciuto, in verità, troppo in fretta a pane ed idolatria. Meno spazio invece è dedicato al piccolo Paolo (Lorenzo Buonora) che simboleggia, senza alcun dubbio, la base su cui costruire un mondo privo di intolleranza.

Mi sgomenta, a contrario, e non poco, la scelta narrativa dell'estorsione e dell'omicidio che mi sembrano forzate. E soprattutto mi lascia perplessa la scelta dell'impunità. Ancora una volta il regista ci mette davanti a problemi irrisolvibili. La morte di uno strozzino ed estremista politico merita l'impunità?

 

Il dottor Segre sceglieva un omertoso silenzio, a tal proposito. Punire qualcuno per l'omicidio di un delinquente razzista determinava una colpa minore ed un castigo più blando ai suoi occhi? O più semplicemente credeva che dare al al ragazzo un'opportunità di crescita fuori dal carcere, lontano dall'ambiente indottrinato della destra xenofoba, gli avrebbe consentito di smussare l'odio accumulato nella sua giovane vita? 

 

Mauro Mancini ci pone davanti molti dilemmi e questo è un bene perché il cinema deve invitare alla riflessione. In questo caso non posso dire di essere totalmente d'accordo con lui perché il film lascia trapelare un messaggio equivocabile su chi e come debba essere amministrata la giustizia degli uomini.

Mi permetto, infine, di criticare certe facili scelte. Non credo che la marmaglia che va a gonfiare i gruppi xenofobi sia sempre e solo figlia dell'ignoranza e della miseria. Mancini esagera nel rappresentare un nucleo famigliare in cui tutte le avversità della vita hanno fatto luogo di incontro. L'abbandono materno, la precaria situazione finanziaria, la difficoltà a conservare un lavoro, la morte del "capofamiglia". Ho bene in mente imprenditori che guadagnano legalmente fior di quattrini sfruttando l'ideologia fascista. Mancini preferisce dare uno sguardo unilaterale sul fenomeno ed in questo a mio avviso pecca di ingenuità. 

 

La stessa ingenuità spediva il giovane Marcello in terra straniera agli ordini di un meccanico nero. Uno smacco bello e buono per uno che tormentava i pulitori stranieri al mercato ortofrutticolo pochi mesi prima... ma anche un'esperienza di crescita e formazione di grande importanza che Mauro Mancini, giustamente, evidenzia.

 

Cinemalcastello - Castello di Romeo - Montecchio Maggiore (VI)

 

Alessandro Gassman, Sara Serraiocco, Luka Zunic

Non odiare (2020): Alessandro Gassman, Sara Serraiocco, Luka Zunic

Alessandro Gassman

Non odiare (2020): Alessandro Gassman

 

 

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