Regia di John Frankenheimer vedi scheda film
Ronin è una parola giapponese che stava ad indicare tutti quei guerrieri samurai che, rimasti per qualche ragione senza il proprio signore da servire, divenivano di conseguenza dei mercenari erranti. L'analogia con i protagonisti del film sarà chiara soltanto dopo la sua visione.
L'opera mi è sembrata più che discreta, un valido e robusto esemplare del genere di pura azione. Del tipo che disdegna il ricorso ai tracotanti effetti speciali, preferendo affidarsi ai sani, rocamboleschi ma sempre realistici stuntman. Nulla da eccepire, pertanto, in merito alle sequenze d'inseguimento e alle sparatorie, condite da alcune scene con un tono più da spionaggio. Che garantiscono un buon ritmo in generale.
L'intreccio non è malvagio, ricco di colpi di scena. Solo, vede al centro una misteriosa valigetta, eletta ad essere ciò che Alfred Hitchcock chiamava un MacGuffin, ovvero quel qualcosa che motiva i personaggi e la trama, ma che ha poca rilevanza con la storia stessa. Tutti s'interrogano circa il suo contenuto, ma «...nessuna domanda, nessuna risposta... forse, questa è la terza regola». Il risultato è un teatrino di protagonisti dei quali si stenta a interessarsi, perché di essi non viene mai fornito un adeguato retroterra. Le informazioni sul loro passato verranno rilasciate con il contagocce, credendo erroneamente che non fossero necessarie per affezionarsi a loro e godersene le gesta.
Per fortuna emergono comunque i due principali, Sam e Vincent, a ravvivare le sorti altrimenti avverse. Tuttavia non è certo grazie alla loro scrittura che questo si verifica. No, il merito è solo degli attori chiamati a interpretarli, rispettivamente Robert De Niro e Jean Reno. Il primo, soprattutto, si rivela essere il migliore dell'intera pellicola, quasi se ne potesse dubitare. Peccato che anch'essi soffrano nell'essere limitati in quello che avrebbe aspirato ad essere un film corale. Perché nessuno fra gli altri comprimari si dimostra all'altezza. Deirdre (Natascha McElhone) non è mai pienamente credibile. Spence (Sean Bean) è al solito malamente sprecato. E a Gregor (Stellan Skarsgård) e Seamus O'Rourke (Jonathan Pryce) non riesce mai quel tocco in più in presenza scenica, che avrebbe consentito di superare i difetti e migliorare in efficacia e qualità.
Cinque uomini, privi di contatti tra loro ed esperti in armi, spionaggio e operazioni segrete, rimasti senza lavoro dopo il processo di distensione seguito alla fine della guerra fredda, si incontrano in un vecchio magazzino situato nel cuore di Parigi. I cinque sono stati assoldati per la loro esperienza passata: Sam è esperto di armamenti e strategie militari, Larry è un abilissimo pilota, Spence è uno specialista in armi di ogni tipo, Gregor è competente nei sistemi elettronici che una volta formavano il blocco sovietico, Vincent si occupa del coordinamento dell'operazione. C'è poi una donna, Deirdre, l'unica ad avere un contatto con i mandanti. L'obiettivo è rubare una valigetta...
Le musiche sono abbastanza accettabili, accompagnano l'azione, ma non sono affatto memorabili. Con l'eccezione rappresentata dalle sequenze di pattinaggio sul ghiaccio. Il resto è alquanto anonimo.
Non so bene, ma ho avuto l'impressione che, per essere considerato davvero buono, difettasse di un certo quid.
Discreto, onesto e pulito. Senza infamie né lodi particolari.
Era ovvio che il suo Sam sarebbe stato il migliore. Non male, sebbene un po' sottotono rispetto al suo talento.
Una non molto convincente Deirdre. Pareva un pesce fuor d'acqua.
Bravo nel ruolo di Vincent, anche se sembra interpretare sempre il medesimo personaggio.
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