Regia di Thomas Vinterberg vedi scheda film
Un cocktail così diffuso che pure annacquato viene bevuto con favore da pubblico e critica.
Non sappiamo se “c’è del marcio in Danimarca” ma se la risposta fosse affermativa e avesse un odore non potrebbe che essere quello dell’alcol. Un Altro Giro, che traduce il titolo internazionale del meno benevolo Druk (Sbronzarsi, in originale) risulta già abbastanza debole nel suo assunto di partenza. Secondo una balzana teoria, vivere con una percentuale maggiore e costante di alcol nel sangue stimolerebbe maggiormente le capacità umane. Potrebbe essere forse interessante in un paese dove l’alcol è proibito, ma in Danimarca che è uno dei luoghi con un’alta media di consumo pro capite di bevande alcoliche, sembra più una sparata da bar tirata fuori dopo qualche brindisi ad alta gradazione che una cosa da prendere sul serio. L’intento del film è quello della denuncia dell’abuso alcolico o cela la consolante continuità delle tradizioni locali nel quale confermare stili di vita e abitudini che non devono essere messe in discussione? Quattro stimati professori di liceo invece si convincono a tal punto da sperimentare la tesi del sempre brillo ma non ubriaco perso, cercando di attribuirle un fondamento scientifico. Scontatissimo come andrà a finire. Il regista Thomas Vinterberg cofondatore di Dogma 95 ha da tempo abbandonato nel suo percorso la radicalità propria di quel movimento, lasciando a Lars Von Trier non tanto le rigide applicazioni stilistiche e formali che erano nelle loro intenzioni e tutto sommato mai rispettate, ma soprattutto allontanandosi da contenuti capaci di scavare in profondità l’animo umano tali da provocare in chi guarda una forte reazione interiore. Così Un Altro Giro si divide amabilmente tra commedia, dramma, e ancora commedia, non perché il decorso del racconto rappresenti quello della vita, ma perché è più conveniente, soprattutto per le sorti fortunate del film che ha raccolto attestati e riconoscimenti unanimi oltre all’Oscar 2021 come miglior film straniero. Momenti di commozione si alternano ad altri di allegria venati da una tristezza infinita che non vengono colti in pieno da nessuna critica ufficiale, secondo un congegno comunicativo molto ben oliato e programmato. Comprensibile forse che nell’era della pandemia ci voglia qualche ventata di leggerezza, ma a quella di Un Altro giro, puzza terribilmente il fiato. In fondo ci mostra che l’alcolismo è una piaga divertente con la quale si convive, che avvicina le persone, che il contesto relazionale che ruota intorno a chi ci finisce dentro è sempre pronto a perdonare e a capire, e che non ci saranno mai conseguenze irreparabili. È un caso che finisca male solo per l’anziano insegnante di ginnastica single? Il collaudatissimo Mads Mikkelsen dà un’ottima prova d’attore, tra i quattro protagonisti è quello che fornisce maggiori spunti di analisi del personaggio, tuttavia l’epilogo pare fin troppo indulgente e tutto quello che ci si aspetta, avviene, rassicurando la tesina del film. L’intento del cinema non è certamente quello di essere educativo, ma di far allargare il proprio punto di vista, credo però che al di là dell’umanissimo desiderio di vivere con leggerezza accettando gli accadimenti di ogni giorno, un po' di lucidità e di consapevolezza delle proprie azioni non guastino mai e non necessariamente vanno confuse con la sana follia artistica che apre la porta della creatività.
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