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The Forest of Love

Regia di Sion Sono vedi scheda film

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La recensione su The Forest of Love

di starbook
7 stelle

Il fascino di Joe Morata, l'ammaliatore, ricorda il potere delle sirene di Ulisse. Sarà Lui il killer spietato delle giovani studentesse giapponesi? ... ed il suicidio collettivo?...... ed il cameraman: complice o vittima?... e la povera Mitzuko?

Shion Sono torna alla regia con una pellicola per la piattaforma digitale Netflix confezionando questo ‘The Forest of Love’ che, diciamolo subito, merita indubbiamente la visione.

Per chi come il sottoscritto segue da tempo l’acclamato genio nipponico, del quale non possiamo non ricordare ‘Cold Fish’, ‘Suicide Club’ e ‘Guilty of Romance’, questa poteva essere una buona occasione per recuperare il terreno perduto dopo le non eccezionali prove registiche dei ‘dimenticabilissimi’ ‘Shinjuko Swan’ e della serie ‘Tokyo Vampire Hotel’, quest’ultima prodotta per la piattaforma Amazon Prime Video .

La sinossi, come consuetudine di Sono, risulta particolarmente complessa e rutilante ma può essere sintetizzata dicendo che si muove su tre registri diversi che tendono infine a convergere miscelando le vicende di un serial killer di giovani studentesse giapponesi, quelle di uno scaltro playboy manipolatore delle menti di chiunque ne viene a contatto (il cinico Mister Morata) e quello di una troupe di giovani neofiti cameraman con l’ambizione di fare del Cinema indipendente; Il tutto condito con gli ingredienti perfettamente amalgamati e la sopraffina tecnica registica e perfezione visiva che contraddistingue la seconda parte della carriera del regista di Toyokawa.

Solamente con le poche righe di soggetto elencate in precedenza qualcuno potrà già ricordare alcune delle opere precedenti di Shion Sono ed infatti la sensazione iniziale, che tende a diventare certezza col passare dei minuti, è che Sono sia ricorso sistematicamente all’autocitazione con un esercizio metacinematografico del quale conosce bene i meccanismi e nel quale si è già confrontato splendidamente nei precedenti ‘Antiporno’ e ‘Why don’t you play in Hell’.

Azzecca i personaggi di Joe Morata facendo recitare l’attore prescelto al meglio delle sue potenzialità risultando così ambiguo, viscido e sgradevole che lo avrebbe reso meritevole di interpretare il ruolo del cattivo in qualsiasi film di Alfred Hitchcock e della sottomessa, perversa ed anch’essa particolarmente ambigua giovane Mitsuko (nome questo spesso usato nei plot del regista).

Non manca certo un po’ di ‘sano’ gore ed il messaggio sociale di decostruzione e sfaldamento dell’istituzione familiare quasi come contrappunto alla tradizione umanistica giapponese del rispetto verso i propri cari, ma questo è un tema consueto delle pellicole di Sono il cui pensiero è noto e che nella fattispecie si mostra diametralmente opposto a quello dell’altro noto regista giapponese Hirokazu Koreeda che si è fatto conoscere anche da noi soprattutto col bellissimo ‘Father and son’.

Il vero limite di quest’ultima fatica, come si evince da quello già scritto in precedenza, è che pur avendo ricevuto carta bianca artistica dal colosso Netflix Sono sembra comunque limitare le proprie potenzialità e, prendendo in prestito una metafora musicale, abbia prodotto una pellicola di ‘repertorio’ senza minimamente cercare l’originalità e rischiando praticamente zero. Questo una certa delusione la crea.

Un pò Thriller, un pò giallo, un pò musical, un pò horror...comunque consigliato soprattutto se non si è mai avuto la fortuna di imbattersi nei films del talentuoso Shion e se non si hanno problemi con la visione di pellicole sottotitolate. In tal caso il consiglio è di superare le prime difficoltà e di adeguarsi poiché altrimenti si è costretti a perdere le molteplici ‘perle’ di una cinematografia orientale, di cui fanno parte anche Corea del sud,Cina, Hong Kong,Taiwan ecc. da dove provengono opere decisamente imperdibili.

 

Comunque bentornato maestro…

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