Regia di Jacques Becker vedi scheda film
Ottimo esemplare del cinema francese dell'era gollista (prima della Nouvelle Vague), classico del cinema carcerario, si avvale di una regia asciutta, capace di riscattare opacità e prolissità del copione, riponendo attenzione sui dettagli, sulla realtà materiale della prigione, sul pesante e meticoloso lavorio propedeutico all'evasione di questi cinque "operai della libertà". Giuste le critiche all'eccessiva lunghezza e alla ripetitività di alcune sequenze, ma sono difetti pienamente coerenti con la radicalità di un'opera in cui non si ode musica che non sia quella aspra degli scalpelli che battono contro la pietra. D'altra parte, penso che la cifra poetica che da senso al film sia data proprio da quei lunghi, pazienti piani-sequenza che vedono la roccia sgretolarsi sotto i colpi dei carcerati, potente metafora di una libertà durissima da riconquistare. Personalmente ho trovato il colpo di scena finale un po' debole e stiracchiato, ma ripeto: al di là dell'articolata costruzione (descrittiva, più che narrativa), è un film di regia e Becker lo dimostra con la sua sobrietà, il rigore, quei fulminei movimenti di macchina a sottolineare le psicologie dei personaggi (per il resto, definiti approssimativamente in sede di sceneggiatura), e quel colpo al cuore conclusivo, con il plotone di secondini riflesso nello specchio...
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