Regia di Aldo Lado vedi scheda film
Uno dei più noti film di Aldo Lado, un regista che con la cronaca nera ed i soggetti, le idee, le trasposizioni idealmente tratte da notizie macabre e violente, ha sempre tendenzialmente saputo esprimersi e confrontarsi al meglio, producendo da questo genere le sue opere più riuscite.
E' Natale e la figlia sedicenne di un noto chirurgo, che studia in Germania, decide di far ritorno a casa assieme alla cugina per trascorrere in famiglia le vacanze.
Optato per il treno anziché l'aereo, le due ragazze sono costrette a cambiare convoglio a metà tratta per la minaccia di un attentato sul loro intercity, optando per un treno minore, che percorre la medesima distanza nella notte della vigilia.
Un treno semi deserto, buio e torvo come lo sono ancora adesso certi mezzi locali che non fanno parte della scuderia di vanto e messa in bella mostra sui siti della compagnia nazionale: un convoglio grigio fumo, tuttoi lamiere, stridori e sferragliamenti, su cui salgono anche due teppisti ed una apparentemente rispettabile signora borghese, oltre che un padre di famiglia con l'hobby segreto per il voyeurismo (un Franco Fabrizi ottimo, viscido e laido come spesso gli capitava di caratterizzare i suoi personaggi quasi sempre negativi).
Su quel treno i due teppisti (uno dei due è Flavio Bucci, vicino alla notorietà che gli regalerà la famosa interpretazione del pittore Ligabue solo qualche anno dopo) cominceranno a tormentare le due giovani, aizzati dal comportamento sempre più spregiudicato della elegante signora, che si rivelerà il perno e l'elemento scatenante della follia brutale che caratterizzerà il viaggio del terrore.
Intanto per i genitori l'attesa si trasforma in una angoscia massacrante che si trasforma in ira e sete di vendetta quando i sospetti del medico (Enrico Maria Salerno, medico competente, stimato e rassicurante, altruista e sempre pronto a soccorrere i bisognosi, ma anche a cambiare atteggiamento quando scopre l'angosciosa verità a proposito della povera figlia, reinventandosi come cowboy di una giustizia privata che non conosce pietà né perdono) diventeranno certezze in un finale francamente posticcio ed improbabile che scimmiotta il di poco precedente Giustiziere della notte della coppia Charles Bronson/Michael Winner.
Un film che fece scalpore (sulla locandina campeggia un pò rozzamente, ma con le sue buone, pertinenti motivazioni, la scritta "VIOLENZA!") e che ancora oggi turba per la schiettezza e la brutalità delle scene che racconta senza remore né mezzi toni, nello stile schietto, cattivo e un po' sadico che rende comunque originale e dà carattere alla cinematografia di Lado.
Acuti certi raffronti tra la borghesia benpensante e falsamente pudica e rispettabile, che poi si rivela il perno che alimenta la follia, plagia e attizza la fiamma della violenza senza rimedio, scatena la bestia assopita che alberga in menti labili pronte a tutto pur di dare sfogo al proprio carattere represso e ribelle.
In questo senso Macha Méril, bellezza delicata e diafana, aristocratica e all'antica, che sembra contrastare con la violenza e la brutalità cui riesce a dar vita o ad attizzare nelle labili menti altrui, dà una ottima prova di sé in quello che fu l'anno di grazia per lei, nei riguardi di un cinema italiano che ha avuto sempre molto spazio nell'ambito della propria carriera dell'attrice, riservandole ruoli a volte cruciali ed indimenticabili: stiamo parlando del 1975, l'anno di Profondo Rosso prima di tutto, e di questo spietato noir non meno sadico, violento, brutale.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta