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Le cinque schiave

Regia di Lloyd Bacon vedi scheda film

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La recensione su Le cinque schiave

di Baliverna
8 stelle

Comincia tranquillo, forse un po' troppo, ma presto il film prende sostanza e suscita interesse. I due poli sono secondo me due: il personaggio della sorella della "intrattenitrice" interpretata da Bette Davis e il rapporto tra le due donne, e poi la questione dell'omertà e della denuncia del male.
Le due sorelle, dunque, sono quasi due poli opposti, due decorsi possibili di una vita. La maggiore è la donna che si è consapevolmente venduta per denaro. Questo il nocciolo. In un dialogo dell'inizio ella spiega bene perché si è data a quella vita, che in fondo odia e che la porta a disprezzare se stessa. Non voleva cioè tirare avanti con pochi dollari, appena sufficienti al necessario, e desiderava una vita agiata. La contropartita è pesante: le umiliazioni dei clienti (spesso vecchi libidinosi) e quelle del gangster che possiede il locale. La sorella minore, dall'altro canto, è una ragazza acqua e sapone che frequenta il liceo anche con l'aiuto della maggiore, ed è stata con fatica mantenuta nell'innocenza e in un ambiente pulito. Quando la situazione precipita si vede come purtroppo l'ambiente malsano del night-club e il denaro stesso esercitino un fascino maligno sulla ragazza, che come si trasforma, e che è pronta a tuffarsi a pesce dentro di esso. La sorella maggiore si trova nella strana posizione di essere consapevole della propria corruzione, di accettarla, ma di tentare il possibile per impedire che vi cada anche l'altra. E' una situazione contrastata che fa pensare.
Quanto alle complicità, ma soprattutto all'omertà che proteggono l'odioso capo-gangster, il film spezza una lancia per il coraggio di parlare. Il personaggio di Bette Davis, infatti, evita di denunciare il boss per un vantaggio effimero, ma più tardi pagherà molto caro questo suo gesto. In generale, solo se il male viene denunciato e smascherato può essere sconfitto.
Più che un noir (è ancora presto) lo definirei un poliziesco processuale, ben intepretato da tutti, ma specialmente dalla Davis e da Bogart. La prima è sempre in bilico tra l'essere impertinente e linguacciuta, o forte e coraggiosa; o tra disprezzo di sé e orgoglio. Il secondo ha quel solito modo di fare, di guardare e di parlare che lasciano il segno.
Non un capolavoro ma certo un buon film, che si ispira alla vera vicenda di Lucky Luciano.

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