Regia di Kurt Nachmann vedi scheda film
Dal romanzo Josefine Mutzenbacher, ovvero la storia di una prostituta viennese -ambientata all'inizio del XX° Secolo- destinata a scalare la gerarchia sociale. Una delle riduzioni più curate e visivamente castigate (al contrario delle seguenti), in grado di raccontare un contesto di povertà e miseria senza mai che la protagonista versi una lacrima.
Vienna, inizio del XX° Secolo. La passeggiatrice Josefine (Christine Schuberth), entrata nelle grazie di un aristocratico scrittore britannico, viene quindi introdotta nell'alta società, ricordando alcuni momenti del passato, quando viveva di espedienti in un contesto morale alla deriva.
Dal romanzo intitolato Josefine Mutzenbacher di Felix Salten, una delle prime riduzioni cinematografiche (molte delle seguenti, già a partire dal 1976, sono di genere hard) dirette da Kurt Nachmann. Regista austriaco che, anche l'anno successivo, gira una pellicola dal medesimo tenore (Verena, la contessa nuda). Non deve sorprendere che il soggetto sia poi stato sfruttato in produzioni a "luce rossa", visto che narra la carriera di una peripatetica viennese destinata a scalare la gerarchia sociale, arrivando ad occupare una influente posizione economica. Nachmann racconta con determinazione l'abisso dal quale emerge la (sempre) sorridente protagonista, riempiendo il film di situazioni scabrose a partire dalla tenera età di Josefine: spia i genitori fare sesso fin da piccola, scopre la matrigna in cantina compiere rapporti promiscui, perde la verginità tra le mani di un ragazzo di dieci anni più grande, per poi cadere sotto le attenzioni di un prete ch'è confessore e peccatore al medesimo tempo. Ancora: sotto la tutela del padre subisce approcci sessuali, sprofondando pure nell'incesto. Ma il passo definitivo arriva da un cameriere, vicino di casa che, circuendo -con l'aiuto di una prostituta- lo spregiudicato genitore, lo convince a spingere la figlia sulla via della mercificazione sessuale. Un film dai temi cupi, dunque, eppure trattati con inusuale eleganza e con un ottimismo di fondo che lo pone sopra alla media della contemporanea produzione di erotici tedeschi. Benché La contessa e... i suoi amanti possa dirsi erotico, non sfugge lo stile di una regia raffinata e allusiva, che rifugge la più semplice esposizione di nudi in favore di efficaci, suggestive e studiate inquadrature durante gli amplessi: ombre riflesse su vetri coperti da tende, allegorie pittoriche (quadri di angeli in posizioni sessuali in continua evoluzione e rubinetti gocciolanti), arti che sporgono dai letti cigolanti, parti di corpo riflesse su specchi, sussurri e gemiti. Questa tipologia espressiva, supportata da musiche classiche e canzoni allusive, finisce per accrescere la carica erotica che, senza mai rendersi esplicita sul piano visivo, stimola enormemente la fantasia dello spettatore. Non mancano un paio di siparietti grotteschi nel finale: il rapporto di Josefine con un anziano nobile, compiuto al ritmo de La cavalcata delle Valchirie (sequenza insolitamente efficace sul piano sensuale); e il servizio con pose di nudo a pagamento, realizzato agli albori della fotografia da un italiano decisamente esasperante.
"Si può essere innamorati di diverse persone per volta, e di tutte con lo stesso dolore, senza tradirne nessuna, il cuore ha più stanze di un bordello."
(Gabriel García Márquez)
F.P. 09/09/2019 - Versione visionata in lingua tedesca (durata: 84'52")
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