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Il grande passo

Regia di Antonio Padovan vedi scheda film

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La recensione su Il grande passo

di supadany
7 stelle

Torino Film Festival 37 – Concorso Torino 37.

Senza sogni nel cassetto da cullare, vuoi anche solo ricorrendo alla fantasia, dei progetti in grande da pensare, architettare e possibilmente sviluppare, dovremmo rinunciare a una preziosa via di fuga, che consente di spostare l’attenzione dalle criticità di tutti i giorni verso una sorgente di sensazioni estremamente piacevoli.

Essendo il cinema soprannominato la macchina dei sogni, diventa automaticamente uno strumento ideale per andare oltre la barriera che ci separa dall’impossibile, una miniera di opportunità tra cui pescare per staccarsi dal grigiore tipico del mondo reale e volare altrove.

Proprio in virtù di questa considerazione, Il grande passo può prendersi il lusso di mescolare un sincero ritratto della vita di provincia con note fantasiose, senza dover allegare particolari spiegazioni.

D’altronde, al cospetto di un ambiente casareccio e di un’emozione travolgente, la ragione può mettersi in stand-by, lasciando campo libero alla sospensione dell’incredulità.

Dario (Stefano Fresi) e Mario (Giuseppe Battiston) sono fratelli, nati dallo stesso padre e da madri diverse.

In vita loro si sono visti in una sola occasione, quando erano ancora dei bambini ma, dopo un incidente occorso a Mario, Dario è costretto a viaggiare in fretta e furia da Roma fino alla provincia di Rovigo per decidere con l’avvocato (Roberto Citran) del fratello come gestire la delicata situazione.

Infatti, Mario è intrattabile, misterioso e sospettoso, malvisto da tutti i suoi compaesani e rischia di essere ricoverato in una struttura psichiatrica.

Dopo aver rotto il ghiaccio, tra i due si sviluppa un rapporto di complicità, nonostante il tempo a loro disposizione scarseggi per via di un progetto che Mario sta curando da anni e che dovrebbe portarlo lontano anni luce da quei luoghi dov’è nato e cresciuto.

 

Giuseppe Battiston, Stefano Fresi

Il grande passo (2019): Giuseppe Battiston, Stefano Fresi

 

Reduce dalla calorosa accoglienza riservata alla sua opera prima (Finché c’è prosecco c’è speranza), Antonio Padovan continua a penetrare nella profonda provincia veneta, aggiungendo alla commedia delle sfumature piuttosto inusuali per il cinema italiano attuale.

Comunque sia, il punto di partenza è situato dalle parti di Carlo Mazzacurati. Dunque, l’assetto è tipicamente dolceamaro e attinge dall’arte dell’arrangiarsi alternando la commedia a questioni intime. Non lucra su eventuali caratterizzazioni secondarie e ha cura dei suoi protagonisti trattandoli con affetto. Mostra le sue debolezze senza camuffarle e prende ossigeno dai contrasti.

Segnatamente, in quelli che intercorrono tra i due fratelli, ordinati per origine (la provincia veneta vs Roma), abitudini consolidate nel tempo ((dis)avventura, orizzonti lontani e vita alla giornata vs mamma, lavoro e confort) e soprattutto per carattere (scontrosità e nervi a fior di pelle vs disponibilità e mitezza). Peraltro, queste indoli accese si avvalgono delle performance di due pesi massimi – per stazza e per la disinvoltura con cui occupano la scena - quali sono Giuseppe Battiston e Stefano Fresi, che s’intendono a meraviglia grazie anche a ruoli che calzano loro a pennello.

Detto questo, se il materiale di supporto è consistente (vedi anche i pregiudizi, l’obbligo di doversi omologare ai compaesani per non essere etichettato negativamente e venir tagliato fuori), molti elementi accessori vengono aperti e chiusi speditamente (il padre che accomuna i due protagonisti), lasciati in disparte (vedi Carlotta/Camilla Filippi) o assegnati alla tappezzeria, con ruoli di sfondo convocati occasionalmente (il bar con le sue presenze bizzarre e fisse).

In conclusione, Il grande passo non sarà proprio l’esempio da citare per parlare di precisione e completezza, ma dispone di un’azione continuativa esente da strappi sconsiderati e fermenta sulle piccole cose insediate ai margini, chiudendo ogni discorso in gloria, con una carrellata emozionante di volti che rende giustizia a chi solitamente non la ottiene neanche per sbaglio.

Eccentrico e fragrante.

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