Regia di Damiano D'Innocenzo, Fabio D'Innocenzo vedi scheda film
Da un lato siamo un deserto demografico, dall’altra siamo un quadro desolante e tutt’altro che consolatorio. Il secondo quadro è declinato in “Favolacce”: le giovani famiglie post piccolo borghesi di oggi hanno figli che non sorridono, nascondono segreti inconfessabili, sono lo specchio deforme di genitori con pochi e superficiali punti cardinali chiamati valori. I veri bambini immaturi, infantili ed egocentrici sono loro, lo spettro autistico o l’asperger asincrono nasce dalla loro crassa arroganza e ignoranza. La risultante è una società senza basi solide e destinata a schiantarsi alle prime difficoltà o al primo blackout emotivo. Una metafora della pandemia e delle conseguenze sociali ed esistenziali: proseguire all’insegna dell’incertezza e del vivere precario in attesa di un domani falsamente migliore.
“Favolacce” è un microcosmo dove il sesso e la morte sono in agguato; nessuno ti dà più speranze, solo ricette per mettere la parola fine a vuote esistenze.
I fratelli D’Innocenzo, figli del terzo millennio, sono l’espressione più pura di un nuovo universo aideologico, apolitico, ateo; si muovono in una periferia romana emblematica dal sapore Lynchiano e i cromatismi alla Lanthimos. Ciò implica un piccolo sospetto ma non pregiudica una oggettiva originalità stilistica e narrativa contrapposta al perbenismo ripetitivo del cinema italiano. Lo sguardo europeo si libra sicuro, fuori da schematismi e canoni da serie tivù. Forse non serviranno conferme per accogliere una nuova coppia di fratelli cinematografari.
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