Regia di Damiano D'Innocenzo, Fabio D'Innocenzo vedi scheda film
Opera assolutamente originale nel panorama cinematografico italiano. Tuttavia lo straniamento indotto da uno stile al contempo gelido e grottesco e la sgradevolezza respingente di tutti i personaggi mi ha impedito di appassionarmi e la trama, frazionata in episodi poco coesi, mi è risultata difficile da seguire, fino ad ingenerare noia e distacco.
Ben disposto dall'ottima impressione che mi fece l'esordio dei fratelli d'Innocenzo La Terra dell'abbastanza e dai premi prestigiosi ricevuti a Berlino (Orso d'argento per la Migliore Sceneggiatura), mi sono avvicinato a Favolacce (già in onda su Sky, essendo la sua uscita in sala stata bruciata dal lockdown per il coronavirus) con aspettative elevate che sono purtroppo andate in gran parte deluse.
Se l'esordio dei fratelli registi era stato diretto e vitale, l'opera seconda sceglie strade tortuose ed oscure per mettere in scena una fosca storia dark sulla feroce disperazione che si annida sotto la superficie di esistenze apparentemente serene nella tranquillità di una periferia residenziale, popolata da famiglie della media borghesia che ad uno sguardo distratto possono sembrare normali, ma sono in realtà profondamente disfunzionali, attraversate da una una fitta trama di invidie, meschine rivalità, falsità, cattiverie gratuite ed ipocrisie che caratterizzano i rapporti tra gli adulti ed i comportamenti di questi nei confronti dei loro stessi figli.
Il bislacco incipit “Quanto segue è ispirato a una storia vera. La storia vera è ispirata a una storia falsa. La storia falsa non è molto ispirata.” rivela che il film è narrato attraverso il diario di un bambino, seppur la voce narrante – altro aspetto straniante – sia quella di un uomo adulto. Quello dell'infanzia è quindi il punto di vista scelto dagli autori per raccontarci questa tetra realtà, ma come possono rimanere innocenti questi bambini, che si muovono in un quartiere (Spinaceto) di lindi villini monofamiliari e piscine gonfiabili in giardino, ma le cui famiglie sono teatro di atti di crudeltà gratuita, di violenza psicologica e fisica e di disturbante sopraffazione? Come si può crescere, se non oppressi da disagio e sofferenza, con un padre che sfoggia le tue brillanti pagelle alle cene con gli amici per poi sfogare sadicamente e vigliaccamente su di te le sue frustrazioni?
Favolacce è un'opera “aliena” e, questo merito gli va senza dubbio riconosciuto, assolutamente originale nel panorama cinematografico italiano, che sceglie di non assomigliare a null'altro prodotto finora nel nostro Paese e conferma la spiccata personalità dello sguardo dei suoi autori. Tuttavia l'eccesso di straniamento indotto da uno stile al contempo gelido e grottesco e la sgradevolezza respingente di tutti i personaggi mi ha impedito di appassionarmi alla vicenda. Inoltre la trama, frazionata in episodi poco coesi, saltando tra una famiglia e l'altra senza una direzione precisa, mi è risultata difficile da seguire, fino ad ingenerare un senso di noia e di distacco, anche a causa dell'oggettiva difficoltà a comprendere alcuni dialoghi, biascicati e inudibili. Pure il finale oscuro ed incomprensibile, in cui, dopo l'esplodere autodistruttivo della tragedia più inconcepibile, si ritorna all'incipit con i personaggi che ascoltano al telegiornale la notizia di un (non correlato?) omicidio-suicidio in ambito familiare, mi ha lasciato perplesso e smarrito, senza però “prendermi” veramente a livello emotivo.
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