Con Favolacce i Fratelli D'Innocenzo entrano di diritto nell'Olimpo di coloro che con la loro Opera Seconda confermano e migliorano il talento espresso nel film precedente.
Non si adagiano sulle critiche strapositivissime ricevute per la Terra dell'Abbastanza e vanno diretti allo stomaco dello spettatore raccontando una favola surreale che porta con se una morale amarissima non facile da digerire.
Una morale che ha giustamente conquistato la giuria di Berlino che l'ha voluta premiare con il premio alla migliore sceneggiatura.
Un premio quanto mai azzeccato perché è innanzitutto una storia molto ben scritta.
Le Favolacce raccontate in questo film sono quelle ritrovate, dalla voce fuori campo, nel diario di una delle bambine protagoniste del film.
Sono Favolacce scritte in verde non in blu o in nero.....il surrealismo che domina tutta l'opera lo si denota fin da queste prime descrizioni.
Rispetto al film precedente,dove la periferia e i suoi abitanti venivano raccontati con un taglio molto neo realista e Pasoliniano, la Periferia romana è una Suburbia di taglio americano.
Spinaceto viene descritta come un complesso di villettine borghesi popolate da coatti ma di stile.
Da Famiglie che si trovano a cena e fanno recitare come la poesia di Natale le pagelle dei propri figli infarcite di 10.
Ma Spinaceto è anche l'habitat naturale dell'infelicità.
Puoi avere la villetta, il giardino, la piscina ma non hai il sorriso.
Le famiglie rappresentate dai Fratelli D'Innocenzo vedono padri rancorosi nei confronti della vita e degli obiettivi non raggiunti;
le madri sono donne invisibili che vivono il nucleo familiare come autentiche comparse che entrano in scena solo quando viene chiesto;
I bambini sono dei fantasmi dallo sguardo assente, che subiscono il loro ambiente quasi oltre misura.
Spinaceto è un piccolo Villaggio dei Dannati che troverà modo di ribellarsi all'apatia che li circonda.
I bambini ci guardano e metabolizzano un proprio concetto di realtà.
Vivono la sessualità come immagini pornografiche che guardano dal cellulare dei padri.
Padri che ricoprono di affetti e frustrazioni i propri figli.
E sono proprio Elio Germano e Gabriel Montesi che fanno fare il salto di qualità al film regalandoci due modi diversi ma al tempo stesso uguali di concepire una paternità molto basica quasi primitiva ma di grandissimo pathos.
E in questa società in bilico tra ignoranza e voglia di benessere si collocano due personaggi di contorno che avranno due ruoli chiave dentro queste Favolacce nere senza vincitori e molti vinti.
Sono il professore di Scienze Bernardini che rappresenta una scuola che si è rotta il cazzo e che vuole usare proprio i bambini come mezzo di vendetta contro una realtà che non li rappresenta più (non aggiungo altro per non spoilerare),
E Vilma, la cui storia apre, chiude e riapre il film come una sorta di circolo dove tutto ha un inizio, una fine per poi ricominciare.
Lei rappresenta quella Adolescenza tradita e lasciata a se stessa già raccontata nel precedente film.
A lei viene concessa la scena più bella del film con un canto urlato, strozzato e cosparso di lacrime.
Favolacce, nonostante il suo pessimismo costante, si lascia guardare perché è realizzato benissimo ti conquista dalla prima scena e ti lascia dentro tanti dubbi sul fatto che anche tu possa essere un personaggio di una Favolaccia.
E concludo maledendo questo Covid 19 che non mi ha permesso di godermi dentro una sala cinematografica questo autentico gioiello.
Perché si sa, certe emozioni le puoi sentire solo al buio e davanti ad un grande schermo.
Voto 9
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