Regia di Leigh Whannell vedi scheda film
Probabilmente “L’uomo invisibile” è l’horror dell’anno e se il merito di tale primato va anche alla scarsità di alternative e paragoni, ciò nulla toglie a un film impeccabile, magistralmente diretto da Leigh Whannell, già autore dell’ottimo “Upgrade” (2018).
Perché sì, la lode va in gran parte alla regia, capace di prendersi i propri tempi e di generare inquietudine anche solo inquadrando uno spazio vuoto.
L’incipit è ottimo e apre la pista a un primo atto tesissimo, decisamente raccapricciante, un’esibizione di terrore puro. La seconda parte, non meno intrigante, è più votata all’azione vera e propria e strizza l’occhio ai predecessori del personaggio, dal film di Whale del 1933 (poco) al dimenticato “L’uomo senza ombra” di Verhoeven (molto).
Orchestrato come un continuo rilancio di colpi di scena e tutto adagiato sulla straordinaria performance di Elizabeth Moss, “L’uomo invisibile” è però anche e soprattutto l’ennesima storia, tremendamente attuale, di uomini che odiano le donne e su di loro esercitano terrorismo e violenza più o meno psicologici.
Nel contemporaneo percorso di rivisitazione dei mostri classici della Universal, questo uomo invisibile – dopo il tremendo “La Mummia” – è una botta d’aria fresca.
Uscito suo malgrado in piena chiusura per Covid-19, non ha visto purtroppo il buio della sala che si sarebbe meritato, perdendosi nella caotica moltitudine di titolacci offerti allo spettatore medio (o, se preferite, al cinefilo recluso). Una ragione in più per recuperarlo.
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