Regia di Nicolangelo Gelormini vedi scheda film
Un film d'autore, un autore molto promettente
Fortuna è una bambina di dieci anni.
Potrebbe essere mia figlia, la stessa per la quale tante notti sono stato sveglio nel tentativo di rasserenarla, per la quale ho percorso migliaia di chilometri per accompagnarla in ognuno di quei posti dove avrei potuto vederla sorridere felice.
Fortuna potrebbe essere vostra figlia. La figlia di ognuno di noi.
E invece nella vita vera Fortuna è una bambina che muore scaraventata dal terrazzo del palazzone popolare dell’interland napoletano dove viveva. Fortuna in quei sei anni di vita ha subito violenze inenarrabili, come è stato accertato dalle indagini.
In questo film, folgorante esordio di Nicolangelo Gelormini, è assente la morbosità del racconto di cronaca, nemmeno per un istante si indulge sugli elementi sconcertanti della vicenda, ma il dolore (e l’orrore) che si sente è profondo e accompagna ogni fotogramma.
Il racconto è incentrato sugli sguardi tormentati della protagonista, della sua mamma e della dottoressa, una magnifica Valeria Golino, che cerca di capire perché Fortuna ha cessato di parlare con chiunque.
Gelormini usa in modo autoriale ma non autoreferenziale le architetture per mostrarci in quale gabbia vivano i protagonisti della vicenda, chiusi tra le tonnellate di cemento, nell’assoluta assenza di uno spiraglio di grazia. E più volte il regista fraziona in due parti molto ben distinte lo schermo per raccontare con maggiore chiarezza lo sdoppiamento che vive la bambina vittima dei “giganti”.
Al di là dell’atmosfera di inquietudine che pervade tutta la pellicola, ottimamente sottolineata da una scarna ma efficace colonna sonora, lo stile narrativo di Gelormini mi ha lasciato più volte a bocca aperta per la straordinaria capacità di trasmettere emozioni e paure con un equilibratissimo ma efficacissimo uso della macchina da presa. Guardate “Fortuna” con la grande attenzione che merita e fate attenzione alle inquadrature di questo film: vi accorgerete che ogni primo piano, ogni stacco repentino, ogni inquadratura delle venature di un muro sta partecipando in maniera precisa al racconto della vicenda. Un plauso particolare va alla scena nella quale si assiste al passaggio della visione del film dal 4/3 al 16/9: quello schermo che improvvisamente si apre svela molto più di mille parole.
Gelormini si presenta come autore con la A maiuscola, raccontando una storia difficilissima ma senza mai cadere nel banale e nel morboso.
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