Regia di Ettore Scola vedi scheda film
Ettore Scola gira l’elogio della convivialità raccogliendo in questo “La cena” innumerevoli variazioni sul tema dello stare a tavola. Non è un trattato di galateo, bensì una profonda riflessione sul valore sociologico del desco. In uno stesso ristorante si raccolgono storie e situazioni di vita differenti: in fondo quello che accade in qualsiasi ristorante, una sera qualsiasi. L’intuizione di Scola sta nel non unire tutti i protagonisti attorno ad una stessa tavola, bensì di riunirli intorno ad una tavola ideale, rappresentata dal ristorante; ognuno con le proprie difficoltà, coi propri dubbi, ognuno con le proprie problematiche. Scola ne spreme un succo di vita: dal poeta solitario (un Gassman supremo) al professore “stronzo” (Giannini), da una misteriosa borghese (Poggi) ad un presunto veggente (Catania), passando per un tavolo aristocratico, una spasimante molto corteggiata, una cena tra attori teatrali, un padre di famiglia al cospetto del figlio diseredato, un gruppo di orientali in vacanza, una tavolata di adolescenti, un gruppo di amici con tresche sotterranee, fino alla coppia in crisi di fronte ad una presunta gravidanza, nonché alla mamma che apprende la volontà di clausura della figlia: tutti, attorno al tavolo, vivono la propria vita e di essa discutono. Scola ha la grande intuizione di missare le voci; di inquadrare un tavolo e di farne ascoltare in sottofondo un altro; di compenetrare storie disparate con magistrali profondità di campo. Grandi maestri di cerimonia sono i proprietari, che con l’ausilio di un cuoco logorroico e comunista e di un gruppo di camerieri, sono artefici involontari della convivialità di cui il regista vuol narrare.
Un film molto pacato, semplice, a tratti apparentemente banale, ma che riserva in ogni storia, che si confronta e confonde con le altre, uno spaccato semplice di vita che è un frammento insignificante ma decisivo del grande puzzle della quotidianità.
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