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Cattive acque

Regia di Todd Haynes vedi scheda film

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La recensione su Cattive acque

di maurizio73
5 stelle

A parte i limiti di una sceneggiatura che procede stancamente con la dimostrazione della sua brava tesi alla Erin Brockovich (la verità alla fine prevale, ma che fatica!), sono il ritmo e la tensione i punti deboli di una progressione drammatica che non decolla mai veramente in questo legal-thriller ecologista di cogente attualità.

Fresco associato di uno studio legale specializzato nella difesa di società dell'industria chimica prende le parti di un povero contadino del paesello suo cui hanno avvelenato le vacche e compromesso la serenità familiare. Scoprirà una realtà assai ben più allarmante, diffusa e pervasiva.

 

locandina

Cattive acque (2019): locandina

 

Pfoa, Pfos, Pfas...ogni interferente endocrino è bello a mamma soja

 

La morale che l'America sa trovare dentro di sè gli anticorpi per combattere i mali interni dell'imperialismo capitalistico fa sempre la sua porca figura al cinema, tanto come soggetto naturalmente foriero di adattamenti spettacolari (The Insider), quanto come messaggio culturale di un establishment in cerca di espiazione. Qui la storia entra ed esce da fattorie, studi legali e aule di tribunale per attraversare come un mantra cinquant'anni di battage pubblicitario televisivo e mettere sotto gli occhi di tutti che il fine ultimo dell'industria chimica è fare soldi, quello delle agenzie governative di protezione ambientale di non essere indipendenti e quello della politica di battere tanto il cerchio degli interessi privati quanto la botte sempre meno piena dei diritti e della salute pubblica. Haynes si barcamena tra i diversi poli di questa diatriba ecologista con il passo un po' affannato di chi deve ricomporre il quadro complesso delle responsabilità e la cronistoria di una vicenda che finalmente emerge nelle cronache giornalistiche (l'articolo da cui è tratto il soggetto) puntando tutto sull'eroismo imbolsito di un appesantito Mark Ruffalo, sulla sponda poco convinta del mentore invecchiato male di Tim Robbins e sull'assistenza familiare dell'affaticata desperate housewife di Anne Hathaway. Recuperare fedelmente il bandolo di una intricata vicenda giudiziaria dalle pastoie di un sistema che fonda le sue basi sulla corruzione, sulle parcelle salate degli studi legali e sui cavilli di una legislazione in cui l'azione collettiva si frammenta nella miriade di iniziative individuali, ma anche quello di far emergere un fenomeno di contaminazione massiva di interferenti endocrini solo agli inizi del nuovo millennio, dopo mezzo secolo di padelle antiaderenti e tessuti idrorepellenti, è forse il merito principale di un film che concede il minimo sindacale tanto al tono ricattatorio del dramma umano (il fattore, gli operai, il bambino) quanto alla tensione di un thriller del sospetto derubricato alla scena marginale di un autista alle prese con il dilemma di un'auto da avviare. A parte i limiti di una sceneggiatura che procede stancamente con la dimostrazione della sua brava tesi alla Erin Brockovich (la verità alla fine prevale, ma che fatica! Anche perchè il colosso se la cava sempre con poco), sono il ritmo e la tensione i punti deboli di una progressione drammatica che non decolla mai veramente, lasciandoci in eredità l'ennesimo polpettone di due ore e passa e la netta sensazione che era meglio dedicarsi alla istruttiva lettura della fonte originale o alle allarmanti cronache giornalistiche che provengono dalle nostrane lande autonomiste del ricco ed evoluto Nordeste.

 

 

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