Regia di Edgar Wright vedi scheda film
In pieno revival dei mitici (in nulla) anni 80', con l'apprestarsi della rivalutazione prossima dei 90' (che facevano schifo), i 60' però a livello unanime vengono considerati il miglior decennio del 900', dominato da correnti avanguardistico-rivoluzionarie in ogni campo culturale, politico e sociale, ma con un un classicismo dei decenni precedenti ancora presente seppur in agonia; in sostanza una decade proiettata al futuro senza avere alcuna nostalgia del passato, che come ogni periodo storico definito, a distanza di molto tempo tra la leggenda e la verità, oramai ha trionfato esclusivamente il lato leggendario degli anni 60', d'altronde Eloise "Ellie" Turner (Thomasin McKenzie), una giovane campagnola di provincia con la passione per la moda ed il sogno di diventare una fashion designer, non può che averne un'idea del tutto mitizzata di quel decennio, conoscendolo principalmente attraverso i racconti nostalgici da parte della nonna (Rita Tunshingham, che fu icona rivoluzionaria del Free cinema inglese in Sapore di Miele), nonchè dei suoi feticci custoditi con gelosia; i vinili dei Beatles, Kinks e Petula Clark, così come i poster di pellicole come Sweet Charity (1969) e l'onnipresente Colazione da Tiffany (1961), oggetti simbolo di quel decennio al giorno d'oggi per ogni appassionato/a, ma in realtà elevati ad uno status così di culto, da diventare scatole vuote superficiali per coloro incapaci di vedere la squallida realtà celata dietro quelle luci e colori scintillanti (che tra l'altro ben si guardavano dal mostrare). Nella sua camera-prigione, Eloise s'è fatta un'idea si rivoluzionaria e vitale, ma tutta pudica quanto educata degli anni 60' così come del mondo, per questo il suo viaggio a Londra per soggiornare in una camera studenti allo scopo di studiare la moda, cercando di trovare applicazioni pratiche nel campo, si scontra con una Londra "troppo" per lei e una società molto più terra terra rispetto alla sua idealizzazione, con tassisti dalle facili avances, vecchi inquietanti (Terence Stamp, l'inquietante e perverso protagonista del film Il Collezionista), proposte sessuali indecenti e studentesse che la danno via con piacere senza privacy alcuna; il che non può portarle che uno sconforto nei confronti di un modo di vita e delle compagne di stanza snob, incapace di relazionarsi con loro, nonchè priva di una qualsiasi flessibilità nel volersi adattare alla realtà, decide così di rifiutarla del tutto per trasferirsi in un monolocale di proprietà di un'anziana Collins (Diana Riggs) con una stanza "anni 60'", il proprio sogno divenuto realtà! Finendo con l'isolandosi ulteriormente dallo squallore di una realtà percepita come ostile, non celando in alcun modo il proprio disgusto verso di essa, scegliendo così di vivere ogni sera durante la nottata, delle autentiche esperienze oniriche, durante le quali viene trasportata di peso negli anni 60', osservando e vivendo al contempo, il sogno di una giovane quando bellissima bionda molto sicura di sè, con il nome di Sandie (Anya Taylor Joy), una ragazza di indubbio talento, la rivoluzione degli anni 60', che ha il sogno di sfondare come cantante al Cafè de Paris, cercando appoggio nell'affascinante manager Jack (Matt Smith).
Eloise preferisce vivere con la testa nel passato, piuttosto che tentare di sperimentare la modernità in cui vive, nonostante non le manchi un corteggiatore, vince il sogno di una realtà anni 60' perfettamente identica alla Swinging London da lei idealizzata, con le sue luci, i balli sensuali ma senza alcuna volgarità e le sue hit sonore sparate a raffica come un juke box nel consueto stile Edgar Wright, portano Ellie ad avere in Sandie un modello di vita da seguire ed imitare in toto, riscuotendo un certo successo in ambito pratico; ma quel vestito rosa dal tessuto leggero è un velo di maia facile da squarciare; l'idillio cozza con la realtà, Sandie non diventa una cantante rinomata in un locale prestigioso dal giorno alla notte; anzi, dapprima protagonista di balletti atti a sollazzare la libido maschile, finisce con lo sprofondare in un incubo infinito dove si svende a vari uomini presentati da Jack (l'industria che normalizza la rivoluzione per renderla un prodotto conformista ed appetibile), ripromettendosi probabilmente che sarà l'ultima volta, in modo da raggiungere il proprio sogno, ma alla fine finisce sempre con il ritrovarsi con le gambe scoperte nel letto mezza nude e dei soldi sul comodino, la realtà squallida batte una fantasia mai esistita, lo specchio che riflette l'immagine proiettata in esso non è sostenibile più per lo sguardo di Sandie, diventando una condanna per una Ellie devastata e dilaniata dal vedere il proprio idolo e la propria epoca distrutta e corrotta proprio come il presente (quindi ogni periodo storico è uguale a sè stesso nei dietro le quinte), così come la smitizzazione della Swinging un modo per riflettere da parte di Wright sullo stile post-moderno del proprio cinema, che qui non può che venire meno di alcuni suoi feticci soliti, come un'ironia assente (se non di stampo nerissimo nelle battute iniziali sulla madre morta), così come il proprio consueto dinamismo registico, che lascia spazio ad un Wright più posato, forse maturo, capace di usare la medesima luce per meravigliare prima, per poi catapultare lo spettatore e la sua Ellie in uno scenario da incubo, con quei blu diventati improvvisamente così ostili, omaggiando in chiave pop il cinema di Bava, così come il primissimo cinema di Dario Argento, specie l'Uccello dalle Piume di Cristallo (1970), dove la risoluzione della trama mistery passa esclusivamente per la prospettiva visiva, riducendo al nulla ogni tentativo di indagine seria; peccato per l'intrinseca ripetizione dei fantasmi che perseguitano costantemente Ellie, con una reiterazione alla lunga risaputa nei modi modi e nella realizzazione (una CGI pigra quanto discutibile), che rendono indubbiamente molto meno riuscito il terzo atto, con banali espedienti da horror comune (Jump scare, dopo un paio di volte prevedibili), rispetto invece ai primi 2/3 dell'opera molto freschi, dove l'oscurità ed il musical ben si erano uniti tra di loro. A favore di Wright comunque gli và dato l'uso intelligente degli attori della generazione anni 60', dove svetta una magnifica Diana Riggs alla sua ultima interpretazione, che dialogano perfettamente con due delle tre nuove leve attoriali di questa generazione (l'altra è la Pugh per chi interessa); una McKenzie adorabile nel suo candore puro senza stuccare, così come un Anya Taylor Joy adatta nella sua sensualità credibile, dato i trascorsi da modella, nel gestire anche con l'uso dei soli occhi i vari registri emotivi del suo personaggio, conducendo ad un finale interessante da parte di Wright, per nulla banale nella sua ambiguità emotiva, dove la nuova Ellie, non è altro che la vecchia Sandie, la nuova rivoluzione della Swiging London alla fine è diventata la restaurazione da parte del vecchio, che sulla prima basa la propria fama ed i propri guadagni, grazie alla normalizzazione di essa in modo da renderla un brand di moda accettato da tutti. Un tale messaggio pessimista nei confronti degli anni 60', non può che disgustare un pubblico bue che ha rifiutato Ultima a Notte a Soho (2021), in quanto film anti-retromane; si spera almeno che tra il pubblico presente in sala ieri (tutto under 35), possa esserci sensibilità emotivo-artistica, superiore rispetto a quella del solito film Marvel o blockbuster finto alternativo.
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