Regia di Will Sharpe vedi scheda film
Louis Wain (1860-1939), illustratore britannico reso celebre in tutto il mondo dai suoi gatti vividi, colorati, antropomorfi, non ebbe certo una vita facile. Con cinque sorelle minori, alla morte del padre si ritrovò a dover mantenere l'intera famiglia; lavorò instancabilmente per testate prestigiose e committenti privati, ma dovette scontrarsi con un destino ostile che gli tolse prematuramente l'amata Emily dopo pochi mesi di matrimonio. Non si riprese mai dal lutto, sprofondando negli abissi della follia, supportato solamente dalle sorelle e dai numerosi gatti di cui amava circondarsi.
La storia di Louis Wain si presta più che bene a una trasposizione cinematografica, in essa trovandosi di tutto: passione, genio, follia, disavventure rocambolesche, viaggi, sfide e una buona dose di sofferenza e di morte. Tanto basta a rendere Il visionario mondo di Louis Wain un film accattivante, anche se fin dalla sceneggiatura (del regista Will Sharpe e di Simon Stephenson) traspaiono un bel po' di insidie e problematiche. Ad esempio il tono melodrammatico adottato per portare avanti la narrazione, che inciampa ripetutamente su flashback intrisi di patetico e prolungati silenzi sormontati da musiche pompose e ampiamente retoriche, più fastidiose che commoventi a dire il vero; ma anche la struttura su cui viene costruita la parabola esistenziale del protagonista è di per sé fallata in vari punti. Ad esempio i salti temporali risultano spesso drastici o perfino incomprensibili (l'accenno alla prima guerra mondiale o all'epidemia di spagnola, come fossero dettagli insignificanti), mentre non si capisce più di tanto l'importanza dell'ossessione di Wain per l'elettricità, particolare che oltretutto fornisce il titolo alla versione originale della pellicola (The electrical life of Louis Wain). La presenza di un divo come Benedict Cumberbatch nel ruolo centrale può inoltre aver assicurato appeal al botteghino, ma l'impressione al termine della visione è che non sia stata una scelta felice; già meglio nei ruoli di contorno Claire Foy, Andrea Riseborough e Toby Jones, con camei di Taika Waititi, Richard Ayoade e Julian Barratt, nonché di Nick Cave nel finale, nei panni nientemeno che di H. G. Wells. Dopo Black pond (2011) e The darkest universe (2016), entrambi in co-regia con Tom Kingsley, questo è il primo lungometraggio diretto in solitaria da Sharpe. 4,5/10.
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