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Il buco

Regia di Michelangelo Frammartino vedi scheda film

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La recensione su Il buco

di EightAndHalf
6 stelle

Dietro ogni paesaggio c’è un mistero. Se il cinema riesce a coglierlo è perché decide dove l’inquadratura inizia e finisce, quanto dura e quanto tempo immagazzinarci dentro. Frammartino forza l’idea di montaggio consequenziale al cinema alludendo soltanto al senso che unisce una sequenza a un’altra, cercando il motore invisibile delle cose e attingendo da quello per replicare senza parole il mistero delle cose.

Nel Buco Frammartino fa finzione a suo modo: riduce i dialoghi a biascichii inascoltabili e a versi di pastore, per catturare dai suoni della natura. Decide che per indagare la natura ci si può entrare dentro, arrivare a contemplarne le fondamenta fisiche, le spire che si aggrappano al centro del terra. Ma quando inizia a scendere nel Buco, dopo aver sfoggiato encomiabili panoramiche che rimodulano imprevedibilmente il proscenico (la sequenza della chiesa che diventa muta al chiudersi della porta è sorprendente), si capisce che non può stare solo lì dentro, ma deve risalire su. E allora la discesa nel Buco si dispone in parallelo alla malattia di un anziano pastore, che comincia lentamente a spegnersi, come se la sua vita fosse da esaurirsi come il fondo dell’abisso del Bifurto. 

Se all’inizio un filmato d’epoca ci fa salire sul grattacielo della Pirelli, il film dopo ci fa scendere nei sotterranei del mondo, imponendo una verticalità totale al film e ai movimenti di camera, specie da quando si comincia a scendere. Ma per la finzione Frammartino ritiene bene che la camera possa sovvertire la gerarchia del suo mistero, e fa una piccola cosa che può anche indispettire: porta la camera “al di sotto” dei suoi esploratori, annullando le attese su quali possano essere le profondità delle grotte. La natura documentaristica dello stare nella grotta, e quella finzionale della posizione di camera sempre perfetta, potrebbe creare un cortocircuito discutibile, che potrebbe annullare il mistero. 

Al netto di una successione di riprese mozzafiato e stranamente tese, il film più impreciso di Michelangelo Frammartino

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