Regia di Giulio Base vedi scheda film
Giuseppe, barista vedovo sulla sessantina, assume una ragazzina appena maggiorenne rifugiata in Italia, Bikira. Fra i due scocca inaspettatamente la scintilla, attirando così le chiacchiere e l’odio dei compaesani; pur essendo vergine e non avendo frequentato nessuno, la ragazza rimane incinta.
Il concetto di “troppa carne al fuoco” pare adattarsi perfettamente a quest’opera estremamente ambiziosa – il che è un bene, si capisce – realizzata da un cineasta in continua crescita artistica quale Giulio Base; l’ambizione del regista e sceneggiatore, però, si scontra (e ne esce ridimensionata) con la realtà effettiva di un film che mescola tutto nello stesso calderone la Bibbia, l’immigrazione selvaggia e le atmosfere bigotte e mentalmente chiuse della piccola provincia, ben sottolineate già dal titolo. Il risultato è per forza di cose poco coeso, frammentario, contenutisticamente indeciso seppur formalmente apprezzabile; fra i principali pregi dell’opera va rilevata la vivace fotografia di Giuseppe Riccobene e gli azzeccatissimi interpreti centrali. Fa in particolare piacere vedere riservata a un ottimo attore come Ivano Marescotti una parte sostanziosa da protagonista in una pellicola di impronta autoriale, anziché poterlo apprezzare in qualche macchietta di contorno nelle solite, stereotipate commedie; al suo fianco, tra gli altri, troviamo Nicola Nocella, Diop Virginia (all’esordio assoluto sul set), Michele Morrone, Selene Caramazza e Teodosio Barresi. Durata snella che si ferma all’ora e mezza in totale. 5/10.
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