Regia di Giulio Base vedi scheda film
FESTA DEL CINEMA DI ROMA 2019 - RIFLESSI Una lunga e suggestiva ripresa aerea ci conduce tra i campi di una periferia anonima, ove una strada lunga come l'infinito, solca campi ed avvicina e collega centri urbani bisognosi di recioroca connessione.
È l'alba e presso un'area di rifornimento come tante, un'insegna che campeggia su un tetto, mossa da folate di vento con un fotogenico effetto scenico in stile far west, ci informa che ci troviamo presso il Bar Giuseppe, ove i due anziani si apprestano ad alzare le serrande di un nuivo giorno di attività e fatiche.
Ma la donna si accascia presto improvvisamente a terra, e poco dopo comprendiamo che per il titolare, il taciturno ed ormai anziano signor Giuseppe, è arrivato il momento della solitudine e dell'imminente ritiro forzato. L'uomo ha due figli, un solerte panettiere che lo rifornisce di generi alimentari per il bar, che lo vorrebbe a riposo dopo decenni di fatiche ingrate, ed un'altro, perduto tra malavita e tossicodipendenza, che vorrebbe solo spillargli soldi per dare corso ai suoi squallidi progetti criminosi.
Ma Giuseppe non vuole mollare e, dopo essersi impegnato a trovare un sostituto che lo tenti di coadiuvare nell'impareggiabile supporto fornito dalla defunta consorte, finirà per dirigere la sua scelta su una volenterosa bella ragazza extracomunitaria e, indirettamente, sulla sua coesa famiglia di origine.
Dopo molteplici difficoltà, vittime anche di episodi odiosi di intolleranza, le sorti appese ad un filo del Bar Giuseppe, paiono destinate ad una nuova prospettiva di sopravvivenza.
Giulio Base prosegue la sua duplice carriera di regista su commissione, e, come in questo caso o nel di poco precedente Il banchiere anarchico, di autore di vicende più personali ed intime al pari di questa, che si presenta come un dramma a sfondo sociale di stampo neo-neorealista.
Una storia che prova a farci parte di una vicenda di integrazione e di sopravvivenza che pare ispirata ad epopea verghiana attualizzata alle note problematiche odierne di integrazione e di sopravvivenza da una crisi che da oltre un decennio falcidia e debella in particolare il ceto medio-basso.
Le intenzioni sono di fatto lodevoli, ma i personaggi finiscono per ridursi presto a figurine a senso unico ove bravi e onesti sino alla santità da una parte, e i cattivi e volgari sino a rasentare la caricatura dall'altra, diventano come binari unidirezionali destinati ad un una monocromaticita' che trabocca in pedanteria e verso una narrazione ricattatoria e strumentale ad un effetto di compiacimento da sdegno calcolato e premeditato a tavolino.
Poi il film ha dalla sua una efficace costruzione scenografica ed una regia attenta ed esperta, che nobilita la pellicola grazie a riprese ben costruite e idee di regia anche lodevoli, oltre che un cast piuttosto bene assortito che annovera, tra gli altri, nomi positivamente noti come l'ottimo Ivano Marescotti, e il buon Nicola Nocella.
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