Regia di Francesco Fanuele vedi scheda film
Giacomo è un conducente di autobus di mezza età, abbandonato dal padre alle soglie dell'adolescenza. Alla morte del genitore è convocato nell'immensa tenuta in campagna appartenuta al defunto. Qui apprende che l'uomo, uno storico, nauseato dai mali della vita moderna, aveva fondato trent'anni prima una comunità che adotta usanze, diritto e tecniche del medioevo, sulla quale regnava con pugno di ferro. A Giacomo, nominato unico erede, è offerta la carica di sovrano. Dopo qualche titubanza, accetta; la vita del re, però, non è quella che immaginava. Tra i personaggi con cui entra in contatto spiccano il ciambellano, ex-avvocato del padre, bramoso di tornare alla "contemporaneità"; Lisa, la sorellastra, che lo ritiene inadeguato al ruolo e l'intralcia: Ofelia, una bella popolana che ha avuto contatti clandestini con il mondo moderno, grazie al rinvenimento di una radio ed una scorta di pile. Il giovane regista Francesco Fanuele, esordisce con un'opera interessante, divisa di fatto in due parti, la prima delle quali è dedicata alla presentazione del contesto - i personaggi e l'anacronistico "stato" medievale - ed all'impatto del "re" Giacomo con le responsabilità del regno. Egli, non approvando i metodi utilizzati dal duro genitore, sceglie di governare sotto le insegne della comprensione e della condivisione, apparendo più un "primus inter pares" che un sovrano assolutista. Mentre questa sezione ha toni leggeri, la seconda parte è più seria. Giacomo sconta le conseguenze delle sue scelte; il popolo, non sentendo la pressione del governante, ha trascurato la cura dei campi ed inizia a soffrire la fame. Lisa ne approfitta, per screditare il sovrano, che reagisce nella maniera peggiore, esercitando un cieco autoritarismo. Ciò lo porta a commettere errori che causano la fine dell'isolamento della comunità. L'epilogo lo vede recluso in carcere per diversi reati, atteso da un'Ofelia completamente integrata nella modernità, mentre il popolo è andato non si sa dove, sotto la guida di Lisa. Ho apprezzato i costumi, il montaggio, l'interpretazione di Stefano Fresi nei panni del protagonista, la colonna sonora. Non ho, però, capito dove il regista volesse andare a parare. Posso immaginare che abbia inteso porre a confronto i due stili di vita, quello arcaico ed il nostro, evidenziando aspetti positivi e negativi dell'uno e dell'altro; oppure far riflettere sulle difficoltà nelle quali può incorrere un governante. Per quanto dispotico, il predecessore del protagonista è stato in grado di garantire il benessere e l'incolumità del suo popolo; Giacomo, uomo dall'indole bonaria, colmo di risentimento verso il padre, fallisce, sia se applica le sue innate qualità positive, sia se tenta di replicare l'autoritarismo del genitore. Infine, apprendiamo che il ruolo di re non gli sarebbe spettato; è stato il ciambellano, infatti, a modificare il testamento paterno in suo favore, sperando di trarne qualche vantaggio. Lisa probabilmente sarebbe stata più adatta, ed infatti è sotto la sua guida che il popolo si salva da una retata della polizia e si sparisce nel nulla, lasciando lo spettatore nella curiosità. Siamo lontani da una demenzialità fine a sè stessa, ma anche da un completo sviluppo di un'idea interessante. Il film è comunque piacevole; dopo un inizio non entusiamante, è divertente seguire il buon Giacomo nelle molte avventure che l'attendono nel suo regno !
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