Regia di Martin Campbell vedi scheda film
Nell’ottimo film di M.Campbell la maschera di Zorro (ovvero quella del giustiziere filolatino che ripara i torti e si erge a paladino dei più deboli; del pueblo di sfruttati dagli ultimi eredi dei colonizzatori occidentali) si fa in due; si sdoppia e (così facendo) moltiplica l’efficacia della sua giustizia emendativa.
E conquista (oltre alle folle) le platee.
La figura di Zorro è un classico della tradizione americana (da decenni importato, con successo, anche in Europa), ma la sceneggiatura pensata per il film di Campbell gioca sulla scacchiera del doppio (barabbovich) costruendo trame inedite ed intriganti che esaltano l’estro ed il physique du rôle dello splendido duo che si contende il ruolo del giustiziere mascherato (l’accalorato A.Banderas ed il serafico - will kane - A.Hopkins) ed avvince con sviluppi narrativi che stimolano costantemente reazioni variegate, accomunate da un sincero coinvolgimento. Passione e sentimento, qualche dose di crudeltà e vendetta, ma anche aspirazione verso la nobiltà d’ideali e la virtù dell’eroismo senza trascurare, oltre al vigore dei corpi che fremono ed alla veemenza delle stilettate fisiche, quelle “verbali” (spezie prelibate tanto più ove coniugate con l’arte dell’ammiccamento, mai troppo a buon mercato).
C’è davvero di tutto e di più in questo riuscitissimo film di cappa e spada.
C’è, altresì, una colonna sonora dall’impatto potente e suggestionante (Lina), coronata da un duetto finale di raro fascino melodico (che mi ricorda molto quello fra Aladdin e l'amata nel film omonimo e che si sposa a meraviglia con il lieto finale zuccherino) e poi c’è lei: l’adorabile C.Zeta-Jones (che, biografia alla mano, sarebbe per metà gallese e per metà irlandese… ma quando mai?? Sua madre non la racconta giusta…) che giustifica ogni singola stilla del furore che scuote il novello Zorro (“divorato”, nel profondo, tanto dall’acredine per il nemico più esecrabile di tutti - il capitano “Love” - quanto dall’amore per la donna più bella del mondo… ma senza mai rinunciare ad una divertente autoironia che costituisce la vera cifra stilistica dell’intero film).
Da vedere e rivedere.
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