Regia di Sergio Citti vedi scheda film
TFF 41 - RESTROSPETTIVA SERGIO CITTI Quando i due fratelli Rabbino (Franco Citti) e Bandiera (Laurent Terzieff), criminali da strapazzo, fuggono verso casa dopo un tentativo di furto, si imbattono in una bellissima donna dai lunghi capelli biondi, che pare addormentata profondamente e vestita da abiti discinti, in un prato.
Accolti tutt'altro che con modi diffidenti dalla ragazza, i due buontemponi decidono di portarla con loro e concederle ospitalità. Nasce un forte legame di amicizia ed affetto tra i tre, al punto che i due fratelli finiscono per raccontarle la loro drammatica storia di gioventù, culminata con l'assassinio, accidentale ma non certo avvenuto per caso, da parte dei due del violento e greve padre, un anarchico perennemente brillo che sfogava i suoi deliri sulla povera madre dei due.
Anche la ragazza, di nome Monica (una statuaria e disinibita Anita Sanders) ha un passato drammatico segnato da violenze familiari, che la donna finisce per fare condividere sia a Rabbino che a Bandiera. Quando i due fratelli vengono arrestati per furto e condannati a un anno di reclusione, Monica li aspetterà fino a, richiedere di convivere con uno di loro per avere la possibilità di non perderli.
Insieme, i tre partiranno per fare vedere il mare a Monica presso il litorale di Ostia, ma la vista delle nudità della giovane, col suo corpo perfetto e provocante, spinge i due, fino a quel momento sessualmente impacciati ed innocui, ad affrontarsi per avere la meglio sul rivale.
Da un soggetto scritto dallo stesso Sergio Citti assieme a Pier Paolo Pasolini, del quale il primo fu discepolo e collaboratore, Ostia prende il suo titolo certamente dalla nota ed affollata località balneare che accoglie i tre inquieti personaggi nella parte finale del film.
Ma anche la sacra ostia che i due fratelli carcerati assumono a seguito del sacramento della confessione, impartito più per desiderio di libertà e di evasione dalla cella, che come sincero atto di pentimento e desiderio di intercessione. Ostia, film d'esordio esemplare, poetico e dannato, tenero e carnale nello stesso tempo, racchiude già in sé gli elementi cardine della poetica di Citti: la povertà e l'ignoranza come maestre di vita, l'erotismo femminile come tentazione e traguardo irraggiungibile, la fame come esigenza di vita primordiale che supera ogni altro desiderio o necessità di vita.
Il contesto paesaggistico, trasandato e sporco come la spiaggia laziale della parte finale del film, e che fa da sfondo come contesto rurale desolato e misero, evidenzia la povertà dilagante che si esprime non solo in termini materiali, ma anche a livello di sentimenti e comportamentale, tra cattiveria e brutalità imperanti anche nel singolo contesto familiare dei vari personaggi coinvolti.
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