Regia di Billy Wilder vedi scheda film
Austria, inizio Novecento. Virgil, rappresentante di grammofoni, tenta di inserirsi alla corte dell'imperatore Francesco Giuseppe, ma riesce soltanto a conoscere una bella contessa. La cagnetta di quest’ultima se la intende con il cane di Virgil: ma la nobildonna non ha certo intenzione di familiarizzare con lo spiantato commerciante… che però riesce a sedurla con i suoi modi.
Uno dei titoli meno celebri e meno riusciti - a detta del suo stesso autore - di Wilder è questo Il valzer dell’imperatore. Certo, l'amalgama fra storia sentimentale, canzonette (con tendenza verso il musical) e film in costume è affascinante in sè, ma difficilmente può dirsi del tutto riuscito. Perchè mancano, in gran parte, le componenti più solide della scrittura del regista: questa volta il copione firmato insieme all'ormai storico collaboratore Charles Brackett pare non avere la consueta profondità di sguardo, focalizzandosi piuttosto sulla figura di Virgil Smith, tenendo leggermente in secondo piano il personaggio della contessa Johanna e facendo macchietta - comunque tutt'altro che disprezzabile - dell'imperatore Francesco Giuseppe, perso fra onori e oneri cerimoniali del suo status 'fastidiosamente' regale (esemplificazione del motto 'noblesse oblige'). La gag dei cani, in divertente parallelo con le vicissitudini dei padroni, è probabilmente l'idea meglio riuscita della pellicola, ma attorno c'è solo molto mestiere. Inevitabile la conclusione: dopo aver lavorato per Ernst Lubitsch e averlo studiato attentamente sul set, Wilder qui omaggia e un po’ scimmiotta il collega-maestro da poco scomparso: questa pellicola è forse il tentativo più esplicito e spudorato di Wilder di replicare il leggendario tocco di Lubitsch (tentativo parzialmente riuscito, va riconosciuto, ma un po' scialbo). Bing Crosby come attore funziona e non è certo soltanto 'quello che canta White christmas'; era anzi fresco di Oscar (1945) per La mia via; fra gli altri interpreti Joan Fontaine, Roland Culver e Rochard Haydn nel ruolo dell'imperatore. Tanti (troppi, a detta dello stesso Wilder) momenti musicali e un lieto fine telefonato e garantito, troppo anche questo per gli standard di un regista che ha sempre saputo applicare una manciata di anticonformismo e una visione del tutto personale alle sue opere, destinate comunque al grande pubblico. 4,5/10.
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