Regia di Steven Soderbergh vedi scheda film
Piacevole, leggero ma non banale, intimista. Regia elegante e prove attoriali maiuscole
Alice, alias Meryl Streep anziana scrittrice americana, elegante e sfuggente, ha vinto un importante premio letterario da ritirare in Europa, ma per la sua idiosincrasia a volare, decide di raggiungere il vecchio continente via mare, invitando a bordo anche due vecchie amiche, compagne di liceo, che non vede da decenni e a cui è legata da un rapporto di odio/amore, di rancori sottintesi e malintesi dichiarati; Roberta, la Candice Bergen ,si è persuasa che il best seller di Alice sia tra le cause del suo divorzio e del fallimento della sua vita, in cui si è ridotta a fare la commessa in un negozio di lingerie e poi c’è Susan alias Dianne Wiest. Il tempo passa tra una cena, un ricevimento, una partita a scacchi, nel salone delle feste, a bordo della piscina o sul ponte dove prendono il sole, parlano, spettegolano, ricordano, mentono, soprattutto, perché forse è la cosa più facile, quando non vuoi o non puoi svelare la tua indole e i tuoi reali sentimenti; in compagnia oltre che delle sue due migliori amiche, anche del nipote Tyler, nonché della sua nuova agente, Karen, affettata e gentile all’apparenza, ma in sostanza carrierista e cinica, che cerca di carpire dettagli sul manoscritto su cui sta lavorando Alice, sfruttando l’infatuazione del nipote per lei. Insomma grandi attrici imbarcate su una nave che fa rotta da New York all’Inghilterra. Le riprese durano quanto la traversata e la nave diventa una sorta di teatro di posa galleggiante, nel corso di questa breve crociera, durata proprio sette giorni.
Unità di tempo e di luogo, dunque, per un film quasi improvvisato, con la sceneggiatura scritta di giorno in giorno, lasciando grande spazio alla versatilità delle interpreti e Soderbergh che fa al contempo il regista, il montatore e il direttore della fotografia “Ci deve essere un modo migliore di descrivere le cose, di disporre le parole in un modo nuovo, di usare le parole per portarti in un posto oltre le parole”, dice proprio nell’incipit Alice. E infatti per tutto il film si cerca la parola giusta, c’è un pizzico' del primo Woody Allen e qualche sprazzo di Altman, ma poi Soderbergh imbocca la sua strada, conscio, per restare nella metafora di Alice ,di quanto sia difficile “cercare di prendere la luna nel pozzo per la seconda volta”. Non sapremo mai la storia che intendeva raccontare Alice ,ma come dice Susan ormai non sappiamo nemmeno più se guardando il cielo di notte vediamo stelle o satelliti artificiali. E allora è piacevole guardare queste straordinarie e attempate attrici, che si abbandonano al loro musicale borbottio, tra finzione e realtà e vediamo le storie procedere: perché forse non è vero quel che dice Alice al lettore, che a bordo piscina indefessamente persegue a leggere l’Odissea: “Un giorno quel libro finirà…” chissà, certe storie sembrano non finire mai, come gli amori di Venditti "che fanno giri immensi e poi ritornano".
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