Regia di Bernardo Bertolucci vedi scheda film
Il miglior Bertolucci: un lucido ritratto di un'anima dubbiosa sul suo posto nel mondo e dell'ipocrisia borghese negli anni del Regime.
Senza troppi peli sulla lingua, non mi mancherà più di tanto Bernardo Bertolucci.
Chi mi conosce e ha già letto mie recensioni passate sa per certo che ho sempre considerato l'oggi defunto regista emiliano un regista enormemente sopravvalutato, forse il più sopravvalutato di sempre, che ha alternato qualche bel film ad altre opere decisamente meno belle ai miei occhi, su tutti quello che molti considerano il suo capolavoro, Ultimo tango a Parigi. I problemi fondamentali dei film di Bertolucci da me stroncati sono comuni, un soggetti deboli, scioglimenti troppo tirati per i capelli e un pedante vuoto di fondo riempito solo da una morbosa ossessione per le scene di sesso, talvolta inquadrate morbosamente all'unico scopo di compiacere chi si trova dietro la macchina da presa (vedi The Dreamers - I sognatori) e qualche scelta moralmente discutibile, se non proprio orrenda (vedi la scena di sodomia in Ultimo tango).
La notizia della sua morte non lascia però indifferenti. E' stato un personaggio indubbiamente controverso che ha diretto film per lo più sopravvalutati, campando per anni di rendita grazie a successi passati. Ma la sua impronta nella storia del cinema l'ha lasciata anche nel senso positivo del termine, con film dotati di significati profondi, realizzati da Dio e degni di essere considerati tra i migliori prodotti cinematografici italiani dell'epoca.
Il suo migliore, per quanto mi riguarda, è Il conformista, pellicola drammatica del 1970 adattata dal romanzo omonimo di Moravia e che corrisponde all'inizio della notorietà internazionale per il regista.
E' un adattamento che si prende un bel po' di libertà, riuscendo a tagliarsi però una propria dimensione capace di renderlo ancora più memorabile dell'opera originale. La forza di questo film si trova nel riuscire a fondere perfettamente tutte le qualità positive del Bertolucci regista nella messa in scena e nella direzione del cast.
E' fondamentalmente un gran bel percorso psicologico, magari un po' prolisso e tosto da seguire per molti, ma neanche troppo come altri simili, e soprattutto tratteggiato in maniera perfetta con un uso magistrale di luci e ambientazioni, oltre che dei flashback dal mero punto di vista narrativo. Che sia una sensazione di calda liberazione sensuale o di grigia austerità di Regime viene percepita in modo totale dallo spettatore, grazie anche alla grandiosa fotografia dell'iconico Vittorio Storaro.
Attori perfetti nella parte, da un Jean-Louis Trintignant protagonista struggente alla rivelazione Stefania Sandrelli nel ruolo della moglie oca e mediocre, insieme a tutti gli altri, sono calati nei propri ruoli a dovere.
Ma, con le dovute eccezioni, un grande film non sarebbe tale senza una grande storia e un messaggio potente. Il conformista è la storia di un uomo represso da un'attitudine, appunto, "conformista" che mal gli si addice per varie motivazioni personali ma nella quale è forzato per poter sopravvivere durante gli anni del Fascismo e che nonostante tutto mantiene questa maschera quasi pirandelliana fino al risvolto finale, dove crolla non solo il castello di carte di quelle che ormai erano certezze ma anche, simbolicamente ovviamente, quello della borghesia ipocrita e cieca, qui rappresentata dal saggio inserimento dell'amico non vedente, assente nel romanzo originale.
C'è poco altro da dire, la forza del film sta nel suo complesso. Il ritratto è lucidissimo, come mai prima d'ora e neanche successivamente lo è stato per il buon Bernardo, l'insieme è stilisticamente ai limiti del senza tempo per la sua ricercatezza ed accuratezza di particolari, le scene clou sono memorabili per realizzazione ed impatto e i pochi vizi si trovano in una narrazione prolissa quasi automaticamente per il genere di film.
Insomma stiamo parlando di un capolavoro a tutti gli effetti, nonché del film per il quale preferisco ricordare il Bertolucci regista, malgrado sia difficile non fare caso alle sue tante pecche, cinematografiche e umane.
Voto: 8,5/10.
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