Regia di Bernardo Bertolucci vedi scheda film
A volte la normalità costa caro. A seguire la corrente si rischia di esserne travolti; e appiattirsi sulla fragile patina della convenzionalità espone allo scabro contatto con la dissidenza, e all'acuminato pungolo del dubbio. Marcello Clerici crede invano di trovare, nell'omologazione, un riparo dal terrore di essere diverso, e una conferma che, nonostante lo scandaloso episodio della sua infanzia, egli è uguale a tutti gli altri uomini del suo tempo, virili in quanto frequentatori di case chiuse e difensori dei principi del fascismo. Invece la passiva adesione alle mode del mondo si rivela una ritualità scarna, priva di sostanza di cui alimentare l'anima e povera di motivazioni con cui riempire il vuoto di un momento storico amorfo, in bilico tra la stagnazione e la catastrofe, tra un'euforia allucinata e una infernale disperazione. L'ambiente circostante è una cornice solenne e austera entro cui l'individuo si perde e si sente in imbarazzo, come un elemento architettonico inutile e stonato, costretto a nascondersi per non sfigurare. L'immagine dell'ego del ventennio è infatti una gigantesca proiezione dell'inesistente, un'enorme sagoma ideale di cui la persona reale non arriva nemmeno lontanamente a toccare i contorni. I personaggi di questa storia sono piccoli esseri sgambettanti inseriti in monumentali chimere di grandezza, che li coprono con la loro colossale apertura alare senza con ciò proteggerli dalle insidie di un universo pericolante. Gli spazi aperti suggeriscono un'illusione di libertà, le vaste pareti bianche sono un apparente invito a scrivere ad libitum i versi della propria individuale poesia di vita, inventandosi avventure e passioni. Il tutto, però, è affetto da un freddo schematismo che fa degenerare ogni guizzo dell'ingegno in un'arida impennata estetizzante. Ogni abbandono ai sensi diventa così uno sterile deliquio, in cui, semplicemente, ci si dimentica di essere, e ci si butta, miseramente, nelle braccia dell'insensata fantasia del caso. L'unica coltre, calda ed avvolgente, che cinge questa realtà in briciole, è il solido tessuto del Tempo, che finisce per arrotolarsi su se stesso, facendo combaciare i lembi di passato e presente, riunendo le persone e rendendo reversibile il corso degli eventi. Il conformista è il ritratto in fotogrammi artistici della decadenza interiore ed esteriore, in cui è la geometria l'elemento dominante, perché nei palazzi e nei decori dello Stile Novecento si specchia quel nudo impianto di regole e costumi che è lo scheletro calcificato di un'umanità destrutturata.
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