Regia di Bernardo Bertolucci vedi scheda film
Fotografia dell’italiano (più che dell’Italia) nel durante e nel dopo guerra. Il naturale desiderio dell’uomo di essere accettato come elemento corruttore del suo stesso animo, fino a tradire se stesso. Tutto attraverso la lente (e l’immaginario) di un ispiratissimo Bernardo Bertolucci.
Gioco di luci e ombre, gioco di prospettive, geometrie e simmetrie, gioco di primi piani e campi totali. Per quanto l’ambientazione e il soggetto suggerirebbero un approccio severo e impostato, dietro la macchina da presa Bernardo Bertolucci sfodera una performance artistica che regala allo spettatore attento una visita a un museo di istantanee cinematografiche di calibro elevatissimo. Gioca (e si diverte) con la tecnica il regista, sente il film, ne tiene il polso, lo ha in pugno, è padrone e lo sà, lo manifesta.
Siamo in pieno conflitto mondiale (il secondo), l’Italia è succube del regime (o dei regimi se consideriamo quello del Reich), gli italiani sono più simili a uomini incatenati a cui non è concesso guardare altro che ombre (Mito della caverna, citato in una mitica -appunto- sequenza), scorrono gli ultimi scorci della decadenza nobiliare, affiorano i primi barlumi della decadenza morale. E poi il rapporto uomo/religione e uomo/politica, il distaccamento dell’uno, la disillusione dell’altro.
“Il conformista” (tratto dall’omonimo romanzo di Moravia) è questo e altro, è un variegato incontro di generi, dal drammatico al grottesco finanche, un abito confezionato a forti tinte noir.
Marcello Clerici, il protagon(conform)ista è interpretato da un bravissimo Jean-Luis Trintignant. Sposa una donna che disprezza perché il matrimonio assegna un impressione di normalità, rincorre (e ottiene) la carica di agente spia del regime fascista per essere considerato normale ed essere accettato dalla società, si confessa al prete, abbraccia valori, sceglie e tradisce amici e amanti (oltre a nascondere con tutta probabilità la propria tendenza omosessuale -scena finale-) tutto per apparire normale.
Al sottoscritto tale personaggio rimanda con forza a un altro personaggio che Trintignant interpreta in un altro capolavoro italiano, ovvero “Il sorpasso” di Dino Risi; anche lì un uomo in balia costante di eventi e persone, con valori e punti di riferimento messi repentinamente in discussione. Lì forse ingenuo, quì più codardo; e la codardia sfocerà nel finale delineando appieno il personaggio di Clerici.
L’attore francese è affiancato da Stefania Sandrelli (brava anche se un po’ troppo manierata e artificiosa), dall’ambigua Dominique Sanda e da un adeguatissimo Gastone Moschin, calibrato elemento eversivo del cast che condisce la pellicola con un necessario tono ironico, leggero e distaccato dal tono greve che incombe sul resto della truppa.
Un enorme plauso a tutti, dalla fotografia (che assegna quell’atmosfera rarefatta) di Vittorio Storaro al montaggio di Franco Arcalli, dalle musiche (riuscitissime) di Georges Delerue alla scenografia di Ferdinando Scarfiotti. E poi la sceneggiatura (non originale) candidata all’Oscar di Bernardo Bertolucci.
Un film negli anni sottovalutato (prima), rivalutato (poi). . .d’altronde che opera d’arte sarebbe altrimenti.
Ogni inquadratura, scena e sequenza, dei 112 min complessivi, è concepita, studiata, architettata (perché di vera architettura si parla) nei minimi dettagli. . .prendiamo ad esempio la sequenza della camminata (una delle tante) di Clerici nell’edificio del ministero, stupefacente.
Unico piccolo neo, a mio modesto avviso, è la scarsa resa della realtà italiana (nella popolazione, le ambientazioni, nei dialoghi e nell’atmosfera generale) all’interno del contesto della seconda guerra mondiale; se non fossero specificamente indicate le date, non si ha la benché minima impressione di una guerra in atto.
Doveroso appunto per mostrare equilibrio di giudizio, nei confronti di un film (made in Italy ma apprezzato in tutto il mondo) da riscoprire e rivalutare nel caso.
(La sparo?? La sparo!!) “Il conformista”, il miglior film italiano di sempre. . .o meglio (per non peccare di immodestia) il miglior film italiano che io abbia mai visto.
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