Regia di Bernardo Bertolucci vedi scheda film
Un uomo si deve recare a Parigi per uccidere il suo ex professore di filosofia, fuggito dall’Italia quando il fascismo ha preso il potere. Questo uomo, ambiguo e mediocre, si chiama Marcello Clerici ed è il simbolo della ricerca di quella normalità borghese cara a tanta parte della nostra popolazione. Rivedere a quaranta anni di distanza Il Conformista di Bertolucci è come accorgersi che il tempo non è passato, che nulla è cambiato. Che quella mediocrità esistenziale è diventata uno stile di vita, che quel servilismo al potere è diventato la morale dei nostri giorni. E in più c’è il rimpianto per la grandezza di un cinema (nelle idee, nello stile, nella forza espressiva, nella denuncia aperta) che da decenni ha smesso di vivere.
Bertolucci esaminava il fascismo e lo combatteva dall’interno, negli istinti, nelle pulsioni (omo)sessuali represse, come se la vera liberazione potesse arrivare solo attraverso la presa di coscienza del proprio istinto, dei propri desideri, Dominique Sanda e Stefania Sandrelli che ballano, la distruzione delle gabbie borghesi doveva avvenire attraverso l’esplosione erotica, ci penserà un paio di anni dopo Marlon Brando, sempre a Parigi, in un appartamento in affitto in Rue Jules Verne.
I luoghi e i volti del fascismo si astraggono, diventano grotteschi (quello di Gastone Moschin che interpreta Manganiello) e metafisici (le sequenze girate nel Palazzo dei Congressi a Roma) come i ricordi di un sogno, Parigi evoca la nostalgia di un mondo perduto eppure ancora vitale, dove le fantasie sessuali possono diventare reali, l’attrazione fisica elimina le distanze, supera le barriere ideologiche, elude lo scontro politico, la lotta diventa quella dei corpi per il raggiungimento del piacere, dell’orgasmo.
I boschi dove verrà ucciso il professor Quadri, il respiro degli alberi, il montaggio di Franco Arcalli, il cambiamento continuo della visuale, gli uomini in nero che arrivano, i coltelli, il fiato che si condensa, la corsa folle di una donna che diventa una preda animale che fugge.
Il mito della caverna di Platone, il professor Quadri che rimprovera a Marcello Clerici l’illusorietà della vita sociale italiana durante il fascismo, siamo ancora incatenati in quella caverna e le ombre non passano più su una delle sue pareti, ma su uno schermo televisivo e noi continuiamo a credere che quanto vediamo sia la realtà, l’unica e la sola possibile.
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