Regia di Valerio Zurlini vedi scheda film
Ambientato in una Rimini nebbiosa e piovosa abitata da personaggi stanchi di vivere e da squallidi approfittatori, pur contando su cast di prim'ordine e atmosfera evocativa, finisce purtroppo per sprofondare sotto il suo stesso peso, con una durata eccessiva ed un ritmo estenuante che finiscono per tediare.
Dopo averlo tanto sentito decantare, ho approfittato dell'occasione offerta in prima serata da Rai Storia per vedere finalmente questo melodramma cupo, assurto per molti allo status di cult del cinema italiano, ma devo ammettere di essere rimasto freddo ed un po' annoiato. (L'ho poi rivisto nel 2024 poco dopo la morte di Delon e ho leggermente modificato la recensione, ma a livello generale devo confermare la precedente opinione).
Ambientato in una Rimini brumosa e piovosa, lontana anni luce dallo stereotipo vacanziero ma anche dall'immaginario felliniano, racconta la storia dell'inquieto supplente di liceo Daniele Dominici, perennemente avvolto in un capotto color cammello che sembra far parte del suo stesso corpo, il quale si invaghisce di una bella ma tormentata studentessa, a discapito della storia ormai finita con la compagna. Attorno a loro una combriccola di loschi personaggi di provincia, dediti a gioco d'azzardo e festini, alla ricerca dei soldi facili e lesti ad approfittarsi del prossimo, in primis della stessa giovane, fidanzata di un bullo manesco.
Il docente vaga spaesato in questo ambiente che non sente affatto suo e come pressoché tutti personaggi, persino la ventenne, soffre di un senso di delusione e stanchezza verso la vita. La vicenda, immersa nelle atmosfere plumbee di una provincia disperata, è oppressa dalla prima all'ultima scena da un senso di decadimento e di morte: non a caso il titolo, che è anche quello di una raccolta di poesie scritte da Dominici, rimanda ad un verso di Goethe, una delle tante citazioni letterarie disseminate nella sceneggiatura, per cui “la prima notte di quiete” è quella successiva al decesso, non turbata dai sogni.
Quasi tutto magnifico cast: il protagonista Alain Delon, la compagna Lea Massari e, tra i debosciati vitelloni, un giovane Giancarlo Giannini e Renato Salvatori. Peccato che per la protagonista femminile ci si sia affidati ad una ballerina (Sonia Petrova) completamente inespressiva, mentre la grandissima Alida Valli, nel ruolo della terrificante madre, resta in scena solo per pochissimi minuti.
Punteggiata dagli squillanti assoli jazz del trombettista Maynard Ferguson, la colonna sonora conta anche su Domani è un altro giorno cantata da Ornella Vanoni in una delle scene più belle, quel gioco di sguardi durante il ballo con l'altro.
Il dramma senza speranza di Zurlini, pur girato con eleganza evocando una malinconica atmosfera di disillusione, finisce purtroppo per sprofondare sotto il suo stesso peso, con una durata eccessiva rispetto all'esiguo materiale narrativo e un ritmo estenuante che finisce per tediare lo spettatore. Forse il regista voleva farci immedesimare nella noia di vivere che divora le esistenze dei personaggi?
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