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La prima notte di quiete

Regia di Valerio Zurlini vedi scheda film

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La recensione su La prima notte di quiete

di Peppe Comune
9 stelle

Daniele Dominici (Alain Delon) è un professore di lettere incaricato di fare un periodo di supplenze in un Liceo Classico di Rimini. Arriva in una città invernale e piovosa, tutt'altro che gioiosa e da cartolina balneare, e ad accoglierlo nell'istituto c'è un preside reazionario (Salvo Randone) e una scolaresca a cui subito da prova del suo modo poco canonico di insegnare. Vive da circa dieci anni con Monica (Lea Massari) ma il loro rapporto è in via di logorante esaurimento, li tiene insieme un sentimento d'affetto che intanto si è trasformato in abitudine e la paura vicendevole di rimanere da soli. Tra le sue allieve c'è Vanina Abati (Sonia Petrova), una ragazza assai malinconica, con un corpo eccezionale e degli occhi che conducono a delle ferite ancora aperte. Tra loro sboccia l'amore, che non può svilupparsi col dovuto candore perchè entrambi hanno ancora dei conti in sospeso da dover chiudere. Conosce un gruppo di "vitelloni" certamente più volgari di quelli di felliniana memoria,  coi quali passa ore interminabili a giocare a carte e a bere alcol. Tra loro ci sono Giorgio detto "Spider" (Giancarlo Giannini), un medico che dietro l'apparenza cinica nasconde un animo sensibile e aperto alla buona cultura, Gerardo (Adalberto Maria Merli), una specie di boss locale a cui Vanina è legata da una torbida relazione, e Marcello (Renato Salvatori).

 

 

 

"La prima notte di quiete" è un opera di straordinario rigore stilistico e di straziante bellezza, con una soffocante atmosfera di decadenza che lo sorregge e un grigio pallido che ti entra dolorosamente nella pelle. Daniele Dominici, con il cappotto beige che non si toglie mai (neanche in classe), la sigaretta perennemente accesa (anche in classe), e la barba sempre incolta (il tutto contribuisce a rendere quella di Alain Delon, probabilmente, la sua migliore prova d'attore) è il ritratto dell'inquietitudine, frutto di vecchi lutti non ancora assorbiti e di recenti amori andati a male. Coltiva l’estasi poetica ma profuma di morte il professore, che porta addosso come una presenza ineliminabile, come un dolore scolpito in fondo al cuore, che non lo lascia più, indirizzandogli l’esistenza lungo un percorso di irreversibile declino. “Dio, come la vita di un uomo è piena di morte”, dice a "Spider" in un momento di inusitata apertura confidenziale, a un uomo partecipe della generale dissolutezza dei costumi ma anche l’unico che tenta di penetrare l’anima cupa di questa persona enigmatica, di scoprirne i misteri per cercare di capire la natura profonda della sua inossidabile malinconia. Giorgio arriva alla matrice della sua ricerca imbattendosi in una raccolta di poesie firmate Daniele Dominici, intitolata (appunto) La prima notte di quiete (da un verso di Goethe), che è la notte che giunge subito dopo la morte, quella in cui non si fanno più sogni, quella che può liberare dall'inganno di una vita costellata di croci. Si può solo ambire a quella quiete se non si possiede il coraggio di abdicare dalla vita che è capitata di avere in sorte, guardarla come una speranza che si accompagna agli amori che non ci sono più, come una luce che apre squarci di beatitudine nel riposo eterno che sarà. Intanto che si vive si possono decantare gli amari ricordi, per assorbire nella bellezza della poesia l'insormmontabile peso di un assenza e fissare nel tempo la vaga somiglianza di momenti felici. Oppure, perdersi senza rimpianti in occhi bui come la notte, come quelli di Vanina, una ragazza con “ molto passato, poco presente, e niente futuro”, vittima predestinata di una madre tiranna (Alida Valli) e di una società disamorata, ammalata della sua stessa tristezza, con la stessa voglia di perdersi in sensazioni finalmente pulite ma con molte più possibilità del professore di fuggire dal suo infausto passato. Tra loro nasce un rapporto perfettamente speculare, fisico e sentimentale, fatto di corpo e anima, rimorsi e ferite, fughe e ritorni, che si specchiano davanti a un altro martirio e a una nuova speranza di cambiamento. Più dell'amore, ciò che li unisce è la vicendevole voglia di lasciarsi finalmente alle spalle il calvario senza fine che è diventato la vita di entrambi. Attendere insieme la quiete della vita. Tutto è al posto giusto in questo magnifico film, i silenzi come le parole, il mare in tempesta di una Rimini glaciale come l'aria crepuscolare che si respira, gli struggenti intermezzi musicali (di Mario Nascimbene) come la raffinata fotografia (di Dario Di Palma), l'andamento "stropicciato" di Alain Delon come i suoi occhi assetati di dolcezza. L'essenzialità stilistica in un capolavoro di Valerio Zurlini.

 

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