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Andriesh

Regia di Sergej Paradzanov, Jakov Bazelyan vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Andriesh

di luisasalvi
8 stelle

Una favola per bambini, rifacimento lungo un’ora del corto “Un racconto moldavo” girato nel ’51 per il diploma (perduto, ma l’autore disse di averne preso una copia; solo M. Picchi, Il Castoro 1994, lo data 1952-1954, ne dà come titolo “Andriesh (racconto moldavo)” e non lo dice perduto; ma sembra poco attendibile, perché dai tanti errori fatti dimostra di non aver neppure visto il successivo Andriesh); entrambi assieme a Brazelian. Nei vari siti internet si trovano pochi e molto imprecisi cenni alla vicenda e qualche rara volta una sola corretta indicazione, che il film anticipa già l’aspetto magico e il tono meraviglioso dei film successivi. L’autore in una intervista dice che è simile a Ashik Kerib, ma ancora legato a innocenza ed entusiasmo giovanile, e che ha dovuto farlo troppo di corsa. Andriesh è il bambino pastorello di un povero villaggio: al mattino, con il suo cane, il colbacco bianco, la frusta e un “flauto magico”, passa a raccogliere, una per una, le pecore che i vari abitanti del povero villaggio gli affidano; dialoga con l’amica Florecika e con una donna cieca che gli dà del cibo. Parlano del suo idolo, il grande pastore Vojnovan. Costui, nella prateria, sente il canto di Ljana e lo mette nel suo “flauto magico” (tutti magici?). Andriesh al pozzo è aiutato da Vojnovan che appare all’improvviso, e con lui scambia i flauti. A notte rinchiude le pecore in un recinto comune assieme a quelle di altri pastori, che di sera si riuniscono per suonare e ballare. Andriesh non vorrebbe, ma è attirato e va ad assistere alla festa… Questa è l’introduzione, che ambienta la vicenda nella campagna ucraina, in modo quasi documentario, ma già con tono da favola, e con un certo presentimento della perdita delle pecore che vengono affidate come preziose per la vita dei loro proprietari. Era già apparso anche, nelle grotte dove abita, il malvagio Vortice Nero, geloso della allegria dei pastori; questi assume l’aspetto di un pastore, si presenta alla festa, ipnotizza Ljana facendola venire con sé e allontanandosi lancia incendio e tempesta dietro di sé. I flauti non suonano più. Il villaggio è distrutto dalle fiamme. Andriesh promette a Florecika di ritrovare le pecore e di combattere il nemico, e la cieca lo loda e incoraggia con toni da veggente e con retorica tipica sovietica del tempo, come subito dopo nel giuramento dei pastori; ma è, assieme al finale, l’unico momento retorico… Poetico il successivo incontro con il salice piangente aggrovigliato dalla tempesta, cui Andriesh scioglie i rami, e ne riceve in cambio una foglia che restituisce le canzoni al flauto. Intanto la pioggia continua rischia di allagare tutto, ma il pagliaccio Pacala ridendo deride e combatte Barba Cot, fratello del Vortice Nero, che provoca le piogge: il riso e le canzoni del flauto fanno tornare il sereno. Uccelli fuggono da un bosco dove un gigante sperduto abbatte gli alberi per uscirne; Andriesh con l’aiuto di una lucciola lo conduce fuori. I pastori lanciano al cielo le loro mazze per farle temprare dal sole e poter combattere Vortice. Andriesh incontra un guerriero trasformato in quercia incendiata dal Vortice e lo salva raccogliendone e seminandone una ghianda che subito germoglia e così sopravvive e grata cede ad Andriesh il suo cavallo, che lo porta alla grotta di Vortice, dove tutti sono stati pietrificati; per un momento lo è anche lui, ma l’arrivo dei pastori salva tutti che rivivono mentre viene pietrificato il Vortice… in un finale magniloquente.

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