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Salvate il soldato Ryan

Regia di Steven Spielberg vedi scheda film

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La recensione su Salvate il soldato Ryan

di Antisistema
6 stelle

Steven Spielberg è un regista che nonostante il consenso di pubblico stratosferico (è forse il regista più famoso di sempre), tra i cinefili ha sempre trovato invece consensi minori, con forti spaccature in merito. Io mi colloco fieramente tra i detrattori, ma non tanto per fare moda o seguire una tendenza, ma per il semlice fatto che tale regista tranne in 3-4 occasioni, non è che mi abbia mai convinto più di tanto e sinceramente sono anche felice di questo revisionismo che sta avvenendo di recente nei confronti di tale regista, volto a sminuire gustamente le sue opere passate. 

Salvate il Soldato Ryan (1998), se non risulta sopravvalutato, è il perfetto esempio di film Spielberghiano idolatrato e valutato eccessivamente ben oltre i suoi meriti, ma se osi dire qualcosa contro di esso, vieni zittito e scarsamente considerato ocme utente che fruisce di cinema. Siccome del sistema e della percezione che esso ha del sottoscritto, me ne è sempre fregato molto alla lontana, io dico la mia. 

 

 

La pellicola come è noto a tutti, si apre con una lunga sequenza di oltre 20 minuti e di enorme impatto visivo, che mette in scena lo sbarco in Normandia degli alleati nel 1944. Lo stile è secco, asciutto, cronachistico ed impeccabile, poichè la messa in scena ricrea alla perfezione le reali condizioni dei soldati che dovettero partecipare alla prima ondata di sbarchi e per via delle difese agguerrite tedesche, ebbero perdite vicine al 90%. 

Nessuna edoculturazione, ma solo un'abnorme carne da macello (con sequenze molto forti, come budella fuori, gambe maciulate e crani perforati), ferro, rugine, polvere da sparo e sabbia infinita che sotto di essa nasconde ordigni pronti a far saltare in aria un povero malcapitato sprovveduto. Il massiccio uso di camera a mano, unito ad un comparto sonoro eccezionale, trasportano lo spettatore tra i soldati sulla spiaggia facendogli vivere in prima persona quell'operazione militare monumentale. La storia ispira una sequenza da storia del cinema popolare, la riflessione è d'obblico e quest'aspetto è significativo, senza contare che il regista saggiamente delega molto all'immaigne, poco alla parole e sopratutto sottolinea lo sforzo di gruppo e non mira a glorificare troppo i singoli individui (le morti avvengono improvvisamente e non c'è tempo per empatizzare con nessuno).  

La fregatura dove sta quindi? Semplice, se fosse stato un corto di 20 e passa minuti, ci si ritrovava innanzi ad un capolavoro assoluto del cinema, peccato che il film dura altre due ore e dieci circa, quindi capite bene, che la fregatura risieda nella restante parte del film. 

 

 

Spielberg dopo averci portato nella modernità, improvvisamente si tira indietro e si rifugia in uno sterile classicismo, che trova la sua porta d'ingresso nel carrello che segue una madre americana che dalla cucina passa alla porta di casa poichè riceverà la penosa notizia della morte dei suoi tre figli su quattro (Ryan, il quarto risulta disperso in Normandia). 

Da qui in poi, il film scade nei valori del patriotismo edificante più fasullo e becero, che dirà poco a chi non è cittadino degli Stati Uniti. Con un'edificante quanto retorica lettura di una lettera di Lincoln, gli alti comandi decidono che la madre deve ottenere indietro sano e salvo il suo quarto figlio; Ryan (Matt Damon) e per questo ordinano a John Miller (Tom Hanks), di radunare un gruppo di soldati e addentrarsi in territorio nemico, per ritrovarlo. 
Che il soldato semplice possa credere di andare a combattere i nazisti per ideali di libertà e democrazia, è giustificabile (la propaganda fà il suo effetto); però che un soldato venga recuperato e salvato dagli alti comandi, che fanno leva sugli alti ideali di libertà e patria, è un qualcosa di artefatto e abbastanza disonesto, visto che i nazisti li combattevano per evitare che tutta l'intera Europa potesse finire sotto il giogo dell'URSS. 

Quindi il film da un survival movie diventa un banale trova e ricerca, dove i soldati di vari strati sociali dibattono sull'utilità della guerra e su tesi di esistenzialismo spicciolo da quattro soldi, tanto per ammazzare il tempo e sembrare che la pellicola sia portatrice anche di messaggi profondi, quando in realtà i dialoghi sono banali, inconcludenti e comunque non aggiungono nulla di nuovo al genere. 
In sostanza Spielberg quando esce fuori dall'intrattenimento puro, per voler cercare a tutti i costi di fare "l'autore impegnato", scade perchè attraversa territori non suoi e alla fine sarebbe stato meglio restare coerente con la propria idea di cinema e ottenere così un risultato migliore. 

Il tutto risulta peggiorato da personaggi stereotipati e di tutti i gusti, per acchiappare il massimo dei consensi del pubblico; abbiamo il capitano pragmatico ed integgerrimo (molto fastidioso nella caratterizzazione) per cui il dovere di vincere la guerra viene prima di tutto, il soldato italo-americano stereotipato (Vin Diesel imbarazzante con tanto di letterina), il cecchino (che scult le sue preghiere rivolte a Dio) etc... che a suon di botti, spari e tamarrate (il proiettile che attraversa il mirino è trash puro); attraverseranno terre nemiche, troveranno Ryan, faranno il culo ai nazisti e alla fine anche se con qualche sacrificio (quando muoiono gli americani Spielberg si sofferma con dei rallenty fastidiosi e diluga le scene all'inverosimile; invece i crucchi cadono come birilli); ognuno ha fatto il proprio dovere verso la patria e quando anni dopo Ryan si chiederà il senso di tutto questo al cinmitero dei caduti della battaglia di Normandia, la fastidiosa immagine della bandiera americana (onnipresente nel film), darà ragione all'uomo e quindi conferma che il patirotismo è cosa buona e giusta. 

 

 

Nonostante qualche voce isolata all'epoca che fece notare la discrepanza abnorme tra l'inizio del film e il resto della pellicola, purtroppo la fanbase di Spielberg ebbe la meglio e la critica americana andò in visibilio così come il pubblico. Molte nomination agli oscar, tra cui vittoria per la regia (c'era il film bellico di Malick la Sottile Linea Rossa, che era scevro da qualsiasi retorica patriotica e portava il cinema di guerra su nuovi e più interessanti orizzonti, ma ovviamente non vinse nulla). Da bocciare anche il netto manicheismo di fondo tra gli americani che sono tutti buoni e tedeschi tutti stronzi e cattivi, che fà molto di cinema bellico pre-New Hollywood; dove le sfumature in tale genere erano per lo più inesistenti; purtroppo Spielberg non ha la capacità per esempio di Kubrick di lavorare per astrazione come in Orizzonti di Gloria (1957), dove il non mostrare il nemico, era giustificato dal fatto che il nemico non esiste, perchè il primo nemico dell'essere umano è semplicemente sè stesso oppure, non è un cineasta a livello di Clint Eastwood capace di capolavori come Lettere da Iwo Jima (2006) o l'ottimo quanto controverso American Sniper (2014), dove i confini erano labilissimi se non inesistenti e l'analisi del conflitto bellico, risultava di molto superiore. 

A distanza di oltre 20 anni, seppur il film resti nell'immaginario collettivo per via della sequenza iniziale, mi sembra che sia subendo un meritato revisionismo critico per via dell'eccessiva sopravvalutazione all'epoca, tanto che Mereghetti gli dà 2.5 stelline, esprimendo forti riserve non solo sul patirotismo, ma anche il fatto che sottopelle la pellicola sia anche un elegia al militarismo (per lo meno "giustificato").

 

 

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