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Confessione di un commissario di polizia al procuratore della Repubblica

Regia di Damiano Damiani vedi scheda film

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La recensione su Confessione di un commissario di polizia al procuratore della Repubblica

di marco l
5 stelle

A scriverlo oggi un film del genere. A produrlo oggi. A girarlo oggi... Ecco oggi sarebbe indubbiamente una bomba, specialmente per un cinema italiano che da tempo, troppo tempo, non graffia, limitandosi a descrivere la malavita e il malaffare, non a smontarne i delicati meccanismi. All'epoca però pellicole del genere non erano un'eccezionalità, anzi, in un certo senso fornivano alla tensione sociale degli anni di piombo una qualche valvola di sfogo, come dire che lo stato democratico c'era, era forte e si permetteva anche di mettere in discussione le proprie istituzioni. La censura operava diversamente, perché altre erano le catene culturali da proteggere e così, grossomodo nello stesso anno, un'opera come questa esce nei cinema ed è un successo di botteghino, mentre Ultimo tango a Parigi viene messo al rogo. Come sono cambiati i tempi, oggi sarebbe stato il contrario: altro che un po' di burro.

Questa copiosa premessa di fatto colma la recensione, perché il film, ben scritto e ben recitato, non offre nulla di diverso da molte altre produzioni di quei tempi. Il poliziotto rude ma onesto, cui la legge lega le mani, lasciando liberi i delinquenti. Il magistrato onesto ma sprovveduto. La cupola che tutto sa e tutto dirige. Insomma di originale non c'è molto e infatti, di solito, nei film di genere dell'epoca la differenza la fanno l'estro dell'attore protagonista e di quello antagonista, le scene di azione, l'impatto emotivo, elementi che in questa opera non lasciano il segno.                           

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