Regia di Vincent Ward vedi scheda film
Affinché un film possa divenire indimenticabile ha bisogno dell’equilibrio tra tutti gli elementi che le compongono. Sia che manchi qualcosa, sia l’eccessiva presenza di qualcos’altro, rischiano di compromettere la buona riuscita di una pellicola. Ne sa qualcosa Vincent Ward che tenta di dare voce al romanzo di Richard Matheson unendo Shakespeare, il mito di Orfeo ed Euridice e la Divina Commedia di Dante.
I diversi punti di vista che lo spettatore si trova ad osservare, conditi da una fotografia estremamente sgargiante, che trabocca di dipinti e colori, distraggono continuamente dalla visione non garantendo mai un coinvolgimento vero e proprio con la narrazione.
La trama, basata su situazioni drammatiche che finiscono per risultare eccessive (la moglie del protagonista perde entrambi i figli e poi anche il marito in un incidente d’auto, altro che sfiga direte voi!), diventa ben presto disturbante e non consente di godere nemmeno di quegli sprazzi di piacevole citazionismo che si alternano alla comune massa di cose mostrate.
La stessa presenza di Robin Williams, per quanto sempre apprezzata, sembra stridere con il racconto. Il suo modo sorridente e sempre ilare, per tutta la durata della pellicola, cozza con ciò che il film si impone di raccontare e stride con il filo conduttore della narrazione, sempre troppo pomposa, creando un dislivello tra ciò che mostra e ciò che invece sembra voler raccontare
Un film che non emoziona mai, se non nel finale, dove il regista riesce ad introdurre un velo di emozioni in un marasma di immagini.
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