Regia di Mario Monicelli vedi scheda film
Un altro film che la mitologia felliniana vorrebbe attribuire ad un'idea del Maestro riminese; in realtà il soggetto è di Pinelli, poi vi misero le mani in altri 4, fra cui Monicelli stesso, per dargli questa forma. Che, diciamolo, non è egregia; parte come un dramma, prosegue come un film on the road, vira sulla storia sentimentale verso i tre quarti e trova i toni della commedia (all')italiana nella parte finale, con la distruzione dell'istituzione familiare nella sua rappresentazione come vero e proprio nido di vespe. Il punto è che nessuno di questi stili pare fermo, decisivo, ben strutturato; tutto tende un po' all'approssimazione e l'accoppiata Giannini-Hawn non fa mai scintille. Il tocco di Monicelli per fortuna è riconoscibile (soprattutto nella seconda metà del film, ovvero la parte 'toscana'), ma il film è lo stesso deludente.
Guido deve tornare nel paesino toscano di nascita per far visita al padre morente; vorrebbe con sè l'amante, ma lei si rifiuta. Al suo posto si fa avanti una piacente amica, alla quale Guido tace il pretesto del viaggio per potersi approfittare di lei in viaggio. Ciò accade, ma non senza difficoltà e malintesi; quando lei scopre il reale motivo della trasferta vedendo il funerale del padre di Guido, se ne va con un camionista. Intanto lui ha ritrovato le ostilità dei fratelli e le ripicche dei parenti da cui era stato tanto lontano.
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