Regia di Costa-Gavras vedi scheda film
Dopo aver raccontato la degenerazione della Grecia in una dittatura militare di estrema destra con "Z", Costa-Gavras decise di spostare radicalmente il suo sguardo, con questo film, per narrare un altro tipo di degenerazione dello Stato, compiuta dal versante politico opposto: il regime comunista. La trama di "L'aveu" riguarda il Viceministro degli Affari Esteri cecoslovacco (un bravissimo quanto smagrito Yves Montand) che si ritrova improvvisamente arrestato e detenuto in condizioni a dir poco deprecabili, così come gli altri militanti e funzionari del partito comunista che condividono il suo medesimo passato politico. Man mano l'ex ministro si ritrova a dover rispondere alle solite e imperterrite domande che lo accusano di essere una spia (che, chissà come, agisce sia per il capitalismo occidentale sia per il trotskismo: un evidente contraddizione). Le domande si susseguono e le condizioni psicologiche (ma anche fisiche) dell'ex ministro peggiorano, dato che gli vengono garantite una quantità minimalissima di cibo, acqua e sonno. Ben presto si capisce che in realtà lo scopo degli interroganti è quello di estorcere una confessione che non ha pressocchè nulla di vero o concreto: una confessione forgiata, dunque, che il protagonista e i suoi ex colleghi di partito si ritrovano costretti a dover riconoscere per porre fine al loro tormento. Dopo le confessioni, si arriva a un processo-farsa, una vera e propria messa in scena, durante il quale emerge il vero fine di quest'operazione voluta dallo Stato, dal Partito: trovare dei nemici, anche fittizi, affinchè si possa in un certo qual modo giustificare la presenza asfittica del regime nei confronti dei suoi cittadini. E a questo punto è ben chiaro che tutti, vittime e carnefici, ex funzionari e servizi segreti, sono assoggettati a quella religione politica che denota il regime comunista: una cieca fiducia nei confronti del Partito che portava inesorabilmente a considerare qualsiasi azione dello Stato come legittima, a discapito di ogni diritto civile, fino ad arrivare alla situazione più paradossale possibile quando il cittadino, pur sapendo di essere innocente nei confronti dell'accusa che gli viene perpetrata, finisce per considerarsi automaticamente colpevole qualora ad accusarlo sia l'infallibile Partito. Un esempio eclatante di ciò lo si può notare anche nell'atteggiamento dei servizi segreti (specialmente nella figura di Kohoutek, interpretato da un bravo Gabriele Ferzetti), i quali, pur essendo a capo degli interrogatori, non comprendono la loro funzione e quella delle loro domande; la loro è solo una cieca obbidienza alla volontà dello Stato. Rispetto a Z lo stile è indubbiamente meno concitato e più claustrofobico, dato che il film è ambientato per lo più in interni oscuri ed opprimenti, che però hanno il pregio di trasmettere allo spettatore l'idea di un regime capace di intrappolare i propri cittadini. Pressoché simile il montaggio, con i suoi stacchi improvvisi e nervosi. Bel film, forse un passo indietro rispetto all'opera del 1969, ma che rimane comunque fondamentale nella filmografia di Costa-Gavras, un autore capace di scrutare e raccontare le storture che caratterizzano i regimi totalitari, sia di estrema destra che di estrema sinistra.
La confessione (1970): Yves Montand
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Ottima analisi la tua di un film duro ed essenziale come questo che scatenò infinite polemiche alla sua uscita a Cannes. Il film fu infatti accolto da ovazioni e accuse (inevitabili nel clima infuocato di quegli anni). Sulla base della sceneggiatura di Jorge Semprun (una garanzia già in partenza, il regista con questa pellicola che racconta la storia vera di Arthur London, fece letteralmente infuriare la sinistra (e le polemiche, le accuse coinvolsero anche Montand e la Signoret). Costa-Gavras difese a spada tratta il film ribadendo seccamente (e il giudizio fu condiviso dallo stesso London) che la sua era un'opera comunista che denunciava una particolare involuzione ideologica e che lui si era limitato a ripresentare un caso politico rappresentandolo rispettando i suoi canoni narrativi di denuncia anche un poco enfatizzata. Un'opera kilitante insomma (come lo è stato più o meno tutto il suo cinema). Secondo lui infatti, perchè un film sia militante deve riuscire a coinvolgere le platee non avendo paura di dover fare per questo anche un uso retorico del linguaggio mutuato dal film poliziesco , giallo e d'azione (e credo che in questo senso, sia uno dei suoi migliori risultati).
Belli e utili questi vostri approfondimenti. Oltre a ringraziare della segnalazione di questo film invito a vedere il nuovissimo documentario di Loznitsa, "The Trial", presentato a Venezia 75 che racconta di un vero processo farsa nell'Unione Sovietica di Stalin che nasce dalle stesse premesse del film di Costa-Gavras ovvero sia dimostrare l'assoluta infallibilità di un sistema politico. Saluti Roberto
@spopola: Grazie per il commento e per avermi raccontato di questo affascinante aneddoto su Costa-Gavras a Cannes che non conoscevo. Conferma l'idea che mi sono fatto di lui e del suo cinema.
@obyone: Felice che tu abbia apprezzato. Ho avuto modo di vedere anch'io "Process" di Loznitsa a Venezia ed hai assolutamente ragione quando lo definisci un film paragonabile a questo per la tematica: è stato un film che mi ha non poco sconvolto, anche per come Loznitsa rivela la falsità del processo avvalendosi delle sole immagini.
Un saluto ad entrambi.
Grazie Roberto per la segnalazione... quest'anno purtroppo non sono potuto passare da venezia (ma avevo letto dell'importanza di questo documento). Cercherò di vederlo quanto prima
Mi fa sempre piacere segnalare opere che potrebbero essere tralasciate dalla distribuzione visto lo scarso appeal commerciale. Tra l'altro quest'anno a Venezia ho potuto vedere tre lavori dall'area ex Sovietica che meriterebbero attenzione e che ho commentato precedentemente nella speranza che qualcuno possa vederli e che come comun denominatore dimostrano una certa critica verso le nuove forma di "dittatura" russa. Uno di questi è appunto il documentario di Loznitsa. Magari MVRulez (scusa ma non so il nome di battesimo) li ha visti. Sarebbe interessante li commentasse. E spero che l'anno prossimo di conoscere entrambi al Lido. Roberto
Lo spero anche io... Grazie ancora per tutte le preziose informazioni
In una ideale filmografia della coercizione bolscevica insieme a Przesłuchanie (Interrogatorio) di Bugajski e The Chekist di Rogozhkin. Tutte visioni di grigia e sconvolgente repressione umana.
Preso nota. Grazie!
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