Regia di Bryan Singer vedi scheda film
Todd, un sedicenne appassionato di storia contemporanea, riconosce in un signore anziano l’ex ufficiale nazista, scomparso alla fine della guerra, Kurt Dussander. Una volta smascherato e sotto le continue pressioni del sedicenne, che minaccia di denunciarlo alla polizia, Arthur, questo il nuovo nome di Dussander, incomincia a narrare al ragazzo le atrocità della guerra. In breve tempo i due iniziano a frequentarsi fino a quando i loro ruoli si ribalteranno in maniera repentina.
Nel 1998 Bryan Singer, in epoca pre X-Men, ma subito dopo aver diretto I soliti sospetti, inno alla dissimulazione e fra i migliori thriller di sempre, mise mano a un breve racconto di Stephen King tratto dalla fortunata raccolta Stagioni Diverse, in cui il re dell’horror preferì dare sfogo alle sue più ancestrali paure senza ricorrere all’impiego di mostruosità di vario genere. Ian McKellan, nel ruolo dell’anziano ex ufficiale, trascina la narrazione e il suo antagonista, Brad Renfro, in un gorgo fatto di un’identità celata e frequentazioni nascoste. Di narrazioni fatte di camere a gas e divise indossate nel corso di scene in cui è nuovamente bello marciare schioccando gli stivali. Renfro, divenuto celebre grazie alla sua interpretazione in Sleepers, e scomparso poi successivamente in una brutta vicenda piena di droga, ascolta inizialmente estasiato le narrazioni di un nuovo “amico” sui generis e con virgolette d’obbligo, fino a trovarsi da ricattatore a ricattato, ma non del tutto inerme fino a far sorgere spontanea la domanda in chi assiste alla pellicola ovvero se vi sia una predisposizione naturale al sadismo o se vi si possa essere indirizzati in presenza di cattivi maestri. Pellicola sempre in bilico fra il thriller e il dramma e da vedere se si desidera ammirare uno Stephen King differente dal solito ma senza che si abbia la pretesa di dare una chiave di lettura storica o revisionista di una tragedia contemporanea.
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