Regia di Stephen Gaghan vedi scheda film
Ironico, innanzitutto, spiazzante, pieno di trovate, pieno di animali con tutti i difetti e i pregi degli uomini, ma nell’insieme decisamente migliori di loro, Dolittle è il film che non ti aspetti, ma per fortuna c'è.
Per piacermi tanto, ma proprio tanto, un film di quelli che vanno sotto la categoria del “fantastico” dev’essere … come questo, basta.
Ironico, innanzitutto, spiazzante, pieno di trovate che non ti aspetti, pieno di animali con tutti i difetti e i pregi degli uomini, ma nell’insieme decisamente migliori di loro.
Animali parlanti, ma con il loro linguaggio, solo Dolittle li capisce e si capiscono tra loro, naturalmente.
Agli uomini il loro mondo è precluso, a meno che non si sia bambini determinati a diventare assistenti di Dolittle come Stubbins, coraggioso ragazzino che non vuol sparare agli animali (come il padre e amici del padre).
E Dolittle è il medico che tutti vorremmo incontrare nella vita, ma bisogna essere la regina d’Inghilterra o, in alternativa, un animale.
Dolittle è una fiaba di quelle che non capitava più di leggere (o vedere) da non so quanto tempo, gli ingredienti ci sono tutti: l’eroe, le sue peripezie, lo scioglimento.
Oggi col digitale si riesce a fare miracoli, ma non è il profluvio di effetti speciali ad emozionare, potremmo farne tranquillamente a meno e godremmo lo stesso di un ritmo, un’atmosfera, un significato affidati alla fantasia di un autore che guida lo spettacolo con maestria, nulla troppo e nulla troppo poco, e come i grandi inventori di favole della storia riesce a non far mai pensare di essere di fronte ad una favola.
E’ il “fanciullino” che è in noi? Può darsi, in effetti è utile lasciarsi andare mettendo a riposo tutti i freni inibitori della maggiore età, e cosa più di una compagnia di simpatici animali può aiutare nell’impresa?
Ma, attenzione, questi animaloni o animaletti, dall’orso polare con cuffietta tirolese, dall’orango con scarsa autostima, dallo struzzo nevrotico e narcisista, dalla tigre con problemi di identità, ai topolini usati come pezzi di una scacchiera, allo scoiattolino rabbioso, alla papera chiacchierona e al pappagallo che sembra più un grillo sapiente, tutto questo bestiario è il riflesso di un’umanità di cui hanno assorbito modi e comportamenti, ma a differenza di questa umanità non conoscono la cosa peggiore, la violenza.
Cosa li tiene insieme? Il piacere di stare insieme, la solidarietà quando serve, e per tutto quello che deve fare Dolittle serve moltissimo.
Per riuscire ad ammansire il mostro sputafuoco della caverna e farsi finalmente dire dov’è l’albero dal frutto magico che guarirà la regina non serve essere Santi, basta una piccola operazione del dott. Dolittle all’intestino e togliere tutta la paccottiglia (compresa una cornamusa) che gli dava mal di pancia e lo faceva essere così cattivo.
Bisogna correre tanto con il veliero un po’ trabiccolo per sfuggire all’inseguimento di perfidi cortigiani che vogliono morto Dolittle così la regina non guarirà e loro sgavazzeranno felici a corte? Basta chiamare una balena e il veliero diventa un turbo inarrestabile.
In definitiva, se nel mondo degli uomini non ci fossero gli animali andrebbe tutto molto male, forse per questo li mangiamo, li scuoiamo, li cacciamo, li vendiamo vivi sui mercati cinesi con prevedibili conseguenze.
Dalla visione si esce corroborati, il cast aiuta nell’impresa, Robert Downey.j è impagabile, un Dolittle a tutto tondo come ognuno di noi l’ha immaginato leggendo i racconti di Hugh Lofting, The Story of Doctor Dolittle del 1920
Burbero e benefico, temerario e da sempre innamorato della dolce Lily perduta da sette anni in un naufragio, ha fatto scelte definitive, isolarsi dal mondo con i suoi animali, ma ha anche la giusta dose di flessibilità mentale per non essere uno scienziato pazzo ma un uomo vero.
Il ragazzino è perfetto, faccia solare, non presuntuoso né saccente, cosa rara, ma neppure timido e irresoluto. Un degno successore di Dolittle.
E gli animali! Vorremmo averli tutti nel giardino di casa e capire il loro linguaggio.
La sceneggiatura e lo script vanno a braccetto, la forza di attrazione è tale che anche una sala piena di bambini è attenta e silenziosa.
E quando cominceranno a sciamare fuori con le brave mammine sappiamo che avranno imparato qualcosa che smartphone e videogiochi non insegnano di certo.
E bene così, l’intento del padre di queste storie e del loro ultimo adattatore per il cinema è rispettato.
Racconta infatti Lofting di averle scritte dalle trincee della Grande Guerra come cartoline illustrate per i figli che esorcizzassero in qualche modo le notizie orribili che arrivavano dal fronte.
Gli fa eco Stephen Gaghan:
" Vidi per la prima volta le avventure di Dolittle con il volto di Rex Harrison quando avevo tre o quattro anni. Ne rimasi affascinato e particolarmente colpito. Si è così insinuato nella mia mente da voler uscire fuori in maniera inconscia cinquant'anni dopo. Gli animali hanno sempre fatto parte della mia vita: sono cresciuto in una fattoria nel Kentucky tra specie di ogni tipo e ho provveduto, una volta padre, a raccontare ai miei figli storie di animali da me inventate. Ognuno dei miei ragazzi, che hanno un'età che va dai 5 ai 19 anni, è cresciuto ascoltando ogni notte racconti che credevano provenissero da libri ma che erano invece frutto della mia fantasia. Man mano che crescevano, ho fatto vedere a ognuno La città incantata, lo splendido film del leggendario Hayao Miyazaki. Credo che tutto ciò abbia inevitabilmente finito per influenzare la mia versione di Dolittle, nata con il desiderio di conquistare i miei ragazzi e far loro provare un senso di stupore e meraviglia”.
www.paoladigiuseppe.it
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