Regia di Ettore Scola vedi scheda film
Commedia corale, fiacca e priva di mordente. Un passo falso di Scola dopo aver realizzato alcuni capolavori del cinema italiano anni 70. Scola è (era) un regista ambizioso, capace anche di sperimentare sul linguaggio filmico, manipolando spazio e tempo ("La famiglia"), fondendo immagini di repertorio, melodramma e teatro brechtiano ("C'eravamo tanto amati"), utilizzando il sonoro in maniera geniale ("Una giornata particolare"). Insomma, un figlio delle "nuove onde", un Altman all'amatriciana, un profeta della morte della commedia/società tricolore. Non che manchi l'amarezza in questo "La terrazza"; non che venga meno l'auto-riflessione critica sullo stato delle cose nei salotti culturali dei comunisti per bene; non che Scola rinunci a piani-sequenza e altri artifici per dare spessore metaforico alla sceneggiatura. Però questa radiografia di 4 individui sconfitti dai propri errori, dalle proprie debolezze, da fisime e compromessi tanto nel pubblico quanto nel privato, si distende per 150 minuti in modo troppo prolisso: i personaggi sono sfocati, le battute infelici, le situazioni trite (i soliti "problemi" dei privilegiati radical-chic). Il difetto nel film sta dunque nel manico, nel copione: a poco servono gli sforzi della regia e dei favolosi interpreti di amalgamare abilmente i toni e di far risaltare dal piattume gli spunti salienti di una sceneggiatura molto meno densa di quanto ci si aspetti. Questo penoso girotondo, questo fascino indiscreto della peggior borghesia italiota ha il solo pregio di farci intuire alcune delle ragioni per le quali il nostro Paese sia caduto così in basso a llivello civile e culturale: è evidente come i semi di tale disfatta siano stati piantati in tempi non sospetti e siano germogliati in un milieu sociale all'apparenza rispettabile. Un pregio non da poco, certamente, ma un film che vale solo come documento di costume non potrà mai raggiungere la sufficienza, cinematograficamente parlando.
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