Regia di Sion Sono vedi scheda film
NIC CAGE
Una follia totale, l'ultima fatica cinematografica di Sion Sono, che ibrida il fanta-apocalittico alla Mad Max con la cultura tradizionale nipponica e lo frulla con sprazzi di genere western, per un cocktail bizzarro tutto eccentricità ed estremi, che non a caso trovano nel suo schizzato protagonista, un ideale meccanismo di congegno esplosivo… nel vero senso del termine.
Lo scontro tra un camion contenente scorie di rifiuti tossici ed un pullman di detenuti, crea, in un Giappone prossimo futuro, un cataclisma di dimensioni apocalittiche ove regna un'anarchia che rende i vari governatori dei villaggi rimasti in vita, come dei monarchi assoluti in grado di decidere il destino dei sudditi che ruotano attorno alla propria egemonia.
Uno di questi folli governatori incarica un pericoloso criminale, arrestato in occasione di una rapina finita in un massacro, di recuperare in una landa desolata confinante, una delle sue concubine, fuggita dalla sua corte.
Avrà solo te giorni per intercettare la ragazza, pena l'attivazione di una serie di trappole che, applicate alla tuta di pelle di cui viene dotato il rapinatore, faranno esplodere parti sensibili e vitali del corpo del malvivente stesso, qualora costui non riesca ad adempiere in tempo le varie tappe prefissate della sua pericolosa missione.
Ci riuscirà, naturalmente, dopo una partenza bizzarra non meno del film, ove l'ex detenuto rifiuterà una macchina sportiva, optando per una sgangherata bicicletta.
Il primo film in lingua inglese di Sion Sono è una follia pura senza senso, che mescola senza criterio e utilizza, non senza una sua balorda coerenza di fondo, il più folle ed incontrollato dei divi made in Usa, Nicolas Cage, sopra le righe sin meno di quanto si sarebbe potuto pensare, per condurre in porto una storia balorda che in qualche modo scimmiotta le missioni impossibili in stile Jena Plissken di 1997: fuga da New York, con morti a raffica e violenza così sopra le righe, da rasentare la farsa.
Al di là della follia della vicenda, in sé striminzita e di pochissimo conto, sono i contorni a dare una parvenza di interessante al folle film di Siono, che anche in questa occasione, si adopera in uno sfavillio di colori e di esplosioni colorate; i contorni di una mescolanza di tradizioni che fa seguito alla perdita di orizzonti che il caos ha generato, indicendo i superstiti a intraprendere un percorso che contempli ogni esperienza e cultura, senza di fatto rispettarne alcuna.
E poi c'è il fascino del volto e dei corpi mascherati, che creano fantasmi e celano personalità in un contesto in cui la contaminazione non si è verificata solo a livello fisico ed epidermico, ma anche di cultura, imbastardendo ogni nozione e ogni regola di vita, generando un caos in cui tutto è disordine e prevaricazione.
In questo contesto balordo, Nicolas Cage è l'eroe suo malgrado, costretto a guadagnarsi sul campo un ruolo di eroe che non gli appartiene, e che tuttavia finisce per meritarsi, sacrificando molto di se stesso, anche uno (il sinistro, se non ricordo male), dei suoi preziosi gioielli di casa, scoppiato in una fragorosa detonazione che, solo al pensiero, ce lo fa assurgere a ruolo di involontariamente comico eroe sacrificale.
La bella di turno è la selvaggia Sofia Boutella, che, vistosamente truccata, nel suo ruolo di prezioso oggetto conteso, assomiglia ad un transessuale. Nel ruolo dell'altro bandito armato e corroso, nel corpo e nella mente, dagli effetti della contaminazione, riconosciamo il regista Nick Cassavetes, figlio di John e di Gena Rowlands.
Pertanto questo tanto atteso Prisoners of the Ghostland, presentato, tra gli altri, anche come asso nella manica all'ultimo ToHorror 2021, si presenta più come un intrigante pasticcio d'autore, che come un film compiuto e definito degno del suo stravagante, ma indubbiamente originale ed eccentrico autore; un film pregiudicato da una storiella di fondo debole e pretestuosa, che serve solo da spunto stravagante e bizzarro per un contesto di riflessioni di fatto tutt'altro che banali, inerenti - per citarne solo alcune - il nostro destino compromesso da troppo arrivismo, la cattiveria insita nell'indole umana, la prevaricazione su ambiente e sua stessa specie vivente che l'uomo utilizza come arma utile a fare la differenza e a distinguere il capo branco dai sudditi; tutte tematiche stimolanti, soprattutto se considerate in un contesto estraneo a quello, barocco e quasi circense, che anima la vicenda, e che potrebbero essere assai valide e pertinenti, ma che vengono affrettatamente sorvolate per lasciar spazio allo spettacolo caotico e pure piuttosto puerile che finisce per occupare troppo spazio lungo una narrazione perennemente indecisa sul registro verso cui convogliare il suo messaggio.
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